Dove prendeva i soldi? Che faceva tutto il giorno in latitanza? Quando ci è entrato? Che libri leggeva? Davvero gli piaceva l’arte?
1. Cosa faceva in latitanza?
Messina Denaro ama i videogiochi Nintendo e i puzzle. Una volta a Bagheria lo mancarono di pochissimo e, tra le molte cose, trovarono una lettera in cui chiedeva un pezzo mancante a una ditta di puzzle, per poterlo finire. Ha dovuto rinunciare alle iniziali sulle camicie: non sarebbero state una buona idea. Non ha rinunciato alla cyclette. Ha dovuto rinunciare alla Porsche che guidava già a 20 anni, non ai vestiti e agli orologi di lusso. Da libero vestiva già Armani e indossava Rolex Daytona, come un perfetto figlio degli anni Ottanta. Scelte di vita diverse da quelle di Provenzano e Riina.
2. Quando è stato indagato per la prima volta?
Il primo a prenderlo sul serio fu Paolo Borsellino, che lo indagò nel 1989, quando aveva solo 17 anni.
3. Soprannomi?
Molti. Da ‘u siccu (per il fisico magro che aveva da giovane) a Diabolik, quello che si è dato da solo. Ma anche Ignazieddu, Quello che manca, Alessio, la Testa dell’acqua.
4. L’ultimo avvistamento prima della latitanza?
Risale all’agosto 1993, in vacanza a Forte dei Marmi, coi fratelli Graviano. Pochi mesi prima c’erano state le ultime bombe di mafia, quelle di via dei Georgofili a Firenze e l’attentato a Maurizio Costanzo, in via Ruggero Fauro, a Roma. Sceneggiatura e regia di Matteo Messina Denaro. Dal 2 giugno 1993 era ufficialmente ricercato. Dopo quella estate lasciò la casa di famiglia in via Alberto Mario, a Castelvetrano, dove viveva con la madre e si inabissò. Aveva 21 anni ed era già a capo delle cosche del trapanese. Decideva chi viveva e chi moriva. Anni dopo, scrisse che con quelli che aveva ammazzato ci si poteva riempire un cimitero. Vero.
5. Messina Denaro ha dei rimpianti?
In una lettera ritrovata nel 2015, Messina Denaro scrive: «Io qualche rimpianto nella mia vita ce l’ho, il non avere studiato è uno di essi. È stato uno dei più grandi errori della mia vita, la mia rabbia maggiore è che ero un bravo studente solo che mi sono distratto con altro». La distrazione fu il padre, don Francesco, boss di Castelvetrano, molto amico di Totò Riina, che glielo fece conoscere.
6. Dove prende i soldi?
Quando era giovane, dallo smaltimento illegale dei rifiuti, dal riciclaggio di denaro e ovviamente dal traffico di droga. La sua famiglia, poi, produceva calcestruzzo e tutti, nel trapanese, dovevano comprarlo da loro. Sudamerica, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Nord Africa: tutti posti con cui ha fatto affari da boss della mafia. Tanto denaro arrivava anche dagli appalti: la sua famiglia aveva praticamente il monopolio delle costruzioni nella provincia, controllando tutta la filiera. In latitanza possedeva dimore di prestigio e castelli, un’azienda di pale eoliche (cosa che piaceva poco a Riina, che la vedeva come una specie di decadenza del mafioso), una catena di supermercati, alcune cantine di vini, un villaggio Valtur.
7. Davvero gli piace l’arte?
Fu lui a ideare, scegliere e indicare a Riina i monumenti che, a Roma, Milano e Firenze sarebbero stati fatti esplodere per attaccare e destabilizzare lo Stato, tra il 1992 e il 1993, una specie di colpo di grazia dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino. Lo fece perché ne sapeva il valore: ordinò lui il furto del “Satiro danzante” dal Museo di Mazara del Vallo, che però non riuscì.
8. Che libri legge?
Nell’ultimo covo, libri su Putin e Hitler. Ecco, questi libri ci dicono a chi lui sia interessato. Non è l’unico capo di mafia a farlo. Ne ricordo un altro che in cella aveva un libro su Carlo Magno. Non era amore per la storia, era l’immedesimazione in quelle figure, quei ruoli, quella potenza. Messina Denaro si sente un Putin, si vede come Hitler.
9. Cosa pensa di sé stesso?
Nonostante abbia ordinato l’omicidio di Antonella Bonomo, incinta di tre mesi, strangolata il 15 luglio 1992, e quello del tredicenne Giuseppe Di Matteo, strangolato e poi sciolto nell’acido nel 1996, dopo 25 mesi di prigionia, Messina Denaro cerca di dare di sé un’immagine grandiosa, pari al suo ego, per cui, come un cavaliere investito da un destino innegabile, fa quello che deve fare. Nel 2005 scriveva: “Oggi vivo per come il fato mi ha destinato, mi preoccupo soltanto di essere un uomo corretto, ho fatto della correttezza la mia filosofia di vita e spero di morire da uomo giusto, tutto il resto non ha più valore. Non pensi che io dica ciò con arroganza, se mi vedesse noterebbe solo umiltà in questo mio dire, non c’è neanche cattiveria e astio verso qualcuno nelle mie parole; veda, io ho conosciuto la disperazione pura e sono stato solo, ho conosciuto l’inferno e sono stato solo, sono caduto tantissime volte e da solo mi sono rialzato”.
10. La voce di Messina Denaro
Di lui fino ad oggi non c’erano impronte, non essendo mai stato arrestato. Solo vecchie foto. E, come tutti i fantasmi, la sua voce, che trovate qui, registrata nel 1993 al Tribunale di Marsala.