La Corte costituzionale, con la sentenza n. 33/2025 del 21 marzo scorso, abolisce il divieto per i single di accedere all’adozione internazionale. Un pronunciamento significativo che cambia il panorama legislativo italiano e amplia le possibilità per i minori stranieri in stato di abbandono di trovare una famiglia.
Adozione internazionale per i single: il verdetto della Corte costituzionale
Con la recente sentenza n. 33/2025, depositata venerdì 21 marzo, la Corte costituzionale ha eliminato il divieto previsto dall’articolo 29-bis, comma 1, della legge 184/1983 che escludeva categoricamente i single dall’adozione internazionale. Questa disposizione, dichiarata incostituzionale, era in aperto contrasto con gli articoli 2 e 117 della Carta costituzionale, quest’ultimo letto in combinato disposto con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu). Il divieto di adottare imposto alle persone non coniugate è stato ritenuto lesivo del diritto al rispetto della vita privata e familiare tutelato dalla Cedu.
La decisione della Consulta prende spunto dal rinvio effettuato dal giudice del Tribunale dei minori di Firenze, il quale aveva evidenziato che il miglior interesse del minore non coincide necessariamente con una struttura familiare fondata sul matrimonio. La Corte ha avallato tale posizione, sottolineando come le normative interne, la giurisprudenza costituzionale precedente e la Convenzione dell’Aja abbiano da tempo superato tale visione restrittiva, riconoscendo esplicitamente il diritto dei single all’adozione internazionale.
Le motivazioni: tutelare i diritti dei minori
La motivazione che ha guidato la decisione della Corte costituzionale mira a tutelare prioritariamente il diritto del minore a crescere in un ambiente stabile e armonioso. Escludere i single dalla possibilità di adottare riduce ingiustificatamente il numero di potenziali famiglie adottive, con ricadute negative proprio sui minori stranieri in stato di abbandono. La necessità di ampliare questa platea non è soltanto teorica, ma supportata da numeri evidenti: dalle circa settemila domande di adozione internazionale registrate nel 2007, si è passati infatti a una stima di appena cinquecento richieste per il 2024.
Nel valutare l’idoneità dell’aspirante genitore single, sarà il giudice a stabilire le capacità affettive ed educative dello stesso, considerando anche l’importante contributo della famiglia di origine dell’adottante nella costruzione di una rete di affetti stabile per il minore. La Consulta ha ricordato, a sostegno di questo orientamento, le precedenti sentenze 183/2023 e 79/2022, che hanno già eliminato alcune rigide restrizioni relative ai rapporti con la famiglia di origine del minore adottato.
Il dibattito politico e giuridico post-sentenza
Il pronunciamento della Consulta ha suscitato reazioni significative nel panorama politico e giuridico nazionale. Michela Di Biase, capogruppo Pd in commissione Infanzia e Adolescenza, ha definito questa decisione una “svolta storica” nel campo dei diritti familiari. Diversamente, la Lega auspica che tale apertura acceleri anche le adozioni per le coppie eterosessuali conviventi.
Dal punto di vista giuridico, il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, ha inquadrato la sentenza in un percorso già tracciato verso un ampliamento progressivo delle possibilità di adozione. Anche Carlo Rimini, ordinario di diritto privato all’Università di Milano, chiarisce che la decisione non determina disparità ingiustificate tra adozione internazionale e interna, in quanto le procedure e le condizioni sono strutturalmente differenti. Tuttavia, Rimini indica che il pronunciamento offre una chiara prospettiva futura per un ulteriore ampliamento dei diritti adottivi anche sul piano interno, volta a tutelare al meglio gli interessi dei minori in stato di abbandono.