Il commercio dei dati: la nuova frontiera pubblicitaria svelata da Cambridge Analytica.
Sta assumendo i contorni di una spy story l’affare Facebook e la compravendita fra Zuckenberg e la Cambridge Analytica. Fra accuse e scuse, quelle arrivate il giorno dopo lo scoop mediatico da parte di Zuckenberg che dopo aver venduto e quindi contrattato sulla vendita di dati sensibili, pare pubblicamente scusarsi della divulgazione degli stessi e della poca sicurezza delle sue piattaforme, la vicenda sembra assumere sempre più sfumature che rimangono nell’ombra, mentre al pubblico viene dato in pasto il classico fumo di un possibile arrosto.
Ma basterebbe fare il ragionamento della serva per rimettere in riga i conti e aprire la riflessione su colluzioni di cui sicuramente il pubblico verrà tenuto all’oscuro.
Nell’era dei social media è evidente che ciascuno lascia in rete tutta una serie di dati che altrimenti non metterebbe in piazza, ma che dietro la tastiera pensa possano rimanere al sicuro sul proprio schermo del pc. Invece basterebbe un’analisi filologica dei termini stessi che si usano per capire che se entri in rete, sei in rete.
Questo vuol dire che ci si collega con il mondo, si apre una porta e spesso non solo ci si dimentica di chiuderla, ma si dà accesso a tutti.
Chiunque lo sa, ma spesso non ci presta attenzione, ad esempio quando si attiva un qualsiasi strumento informatico e solo per poterlo utilizzare si devono barrare caselle con cui si acconsente a tutta una serie di intromissioni nella propria privacy che se solo si leggessero le condizioni di contratto, non si accetterebbero mai. Eppure il ricatto è tassativo e non si può non accettare.
Ecco perché il caso Zuckenberg pare il fumo dietro cui si nasconde un arrosto di cui non si vede i contorni.
Al di là dei dati che ciascuno carica in bacheca del proprio profilo Facebook, che più o meno sono accessibili a tutti e che il profilo privato magari nasconde all’utente medio, ma di sicuro non ai logaritmi di Facebook, l’utente social è sondato giornalmente da app scaricate, che avvisano in fase di installazione che avranno accesso a tutte le informazioni del dispositivo ma chi rinuncerebbe a Messenger? O a tutta quella serie di test a cui per gioco grande parte della popolazione si sottopone di propria iniziativa?
Il fatto è che non c’è stato un attacco hacker, ma Cambridge Analytica ha solo recuperato dati a cui ciascuno ha dato il consenso alla divulgazione. Dati da cui ha tracciato una profilazione e che poi sono serviti per una promozione mirata. In fondo quella stessa che fa ogni cartina di punti che utilizziamo per ricevere sconti al Supermercato che tiene nota di prodotti, orari, spesa media e magari pure questionari a cui rispondiamo per ulteriori sconti.
Lo scandalo che ora ha travolto Zuckenberg nasce dal fatto che la profilazione su larga scala abbia permesso una pubblicità politica mirata. Eppure tutti noi più o meno consciamente ci siamo accorti che questo già succede ma non nei social, anche solo accendendo il proprio dispositivo e digitando sul motore di ricerca una località turistica esotica. Caso strano, o coincidenza? Per i più ingenui, per un periodo vedremo intrecciarsi nei nostri canali personali informazioni su vacanze, mete esotiche, viaggi.
In molti a questo punto ci si dice che il motore di ricerca sta offrendo un servizio venendo incontro ad una nostra curiosità o esigenza. Eppure il campanello d’allarme avrebbe dovuto scattare
Tornando all’affare Zuckenberg, nulla di nuovo per il web che noi usiamo senza conoscere e senza porci tutta una serie di problemi. Quello che si apre è il ragionamento sulla nuova frontiera di potere ed economia. Ossia il valore dei Big Data.
Le persone non cambieranno abitudini, svendendo la propria privacy e libertà per un sogno, visto che è l’unica cosa che spesso rimane, quello della propria immagine dietro cui nascondersi per immaginarsi una vita migliore. Di conseguenza la gente non abbandonerà Facebook, tantomeno whatsapp o Messenger, proprietà Zuckenberg e le cui chat sono oggetto del famoso logaritmo Zuckenberg.
Il ragionamento quindi è Chi ci guadagnerà con questo attacco al re Zuckenberg? Ragionando sul fatto che l’effetto è stato un crollo in borsa chi ha attaccato il re sicuramente non lo ha fatto per “svegliare” il cittadino medio, ma sta tendendo il colpo a due piccioni. Da un lato quello politico, dall’altro l’accesso e il possesso della nuova miniera del futuro, appunto i Big Data del mondo.
Al futuro l’ardua sentenza che verrà ulteriormente resa evanescente dagli opinionisti da Talk Show, dai fumosi articoli di giornale, dalle lotte politiche, dal giro di vite della libertà in web che da un lato studia il logaritmo della verità per la lotta alle Fake News, e dall’altro foraggia e incentiva app sempre più invasive e tecnologie sempre più invadenti del nostro spazio vitale.
di Katja Casagrande
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