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Bloodstain pattern analysis: cos’è e come funziona?

Nell’ampio spettro delle scienze forensi, poche tecniche suscitano la stessa curiosità dell’analisi delle tracce ematiche. Questa disciplina scientifico-investigativa, conosciuta anche come Bloodstain Pattern Analysis (BPA), riveste un ruolo cruciale nel determinare i dettagli e le dinamiche degli eventi della scena del crimine.

Bloodstain pattern analysis: significato e origini

La Bloodstain Pattern Analysis (BPA), in italiano “analisi delle tracce ematiche”, è una tecnica forense finalizzata alla ricostruzione di un crimine attraverso l’analisi delle macchie di sangue. Nello specifico, l’analisi studia la morfologia, la dimensione e la distribuzione delle tracce ematiche nella scena del crimine seguendo uno schema matematico-geometrico preciso.

Questo schema può essere calcolato e riprodotto utilizzando una serie di parametri biologici, fisici e matematici. Di conseguenza, la BPA si fonda esclusivamente su dati calcolabili scientificamente, evitando in questo modo qualsiasi tipo di speculazione.

La Bloodstain Pattern Analysis risale agli inizi del XX secolo, tuttavia fu solo a partire dagli anni ‘50 che iniziò a svilupparsi in modo strutturato. Una delle figure chiave nella storia della BPA è il dottor Eduard Piotrowski, che nel 1895 pubblicò uno dei primi studi scientifici sui pattern delle macchie di sangue. Il suo lavoro pionieristico, seppur rudimentale, fornì una base per la comprensione di come le macchie di sangue si formano e si distribuiscono.

Nonostante i dubbi sulla sua affidabilità, la BPA continua a essere uno strumento prezioso per ricostruire eventi criminosi, aiutando gli investigatori a reperire prove cruciali per risolvere un caso.

Come si conduce l’analisi delle tracce ematiche?

L’analisi della scena del crimine tramite la BPA può essere condotta in due modi differenti. Il primo consiste nello studio degli schizzi di sangue pervenuti dalle fotografie o dal video del sopralluogo. Il secondo, invece, attraverso la ricostruzione della scena del crimine in laboratorio, simulando i movimenti e gli ambienti specifici del caso in esame.

La simulazione è senza dubbio il metodo più affidabile per studiare la dinamica di un crimine. Utilizzando gli elementi raccolti durante il sopralluogo, si riproducono infatti i movimenti ipotetici per verificare se le macchie di sangue si distribuiscono come sulla scena reale.

Generalmente, nelle simulazioni si utilizzano manichini super snodati, capaci di assumere diverse posizioni e si percuotono nelle stesse aree identificate dai rilievi autoptici, utilizzando sostanze simili al sangue umano. I risultati consentono di verificare le diverse ipotesi, avvalorando quella che ricrea più fedelmente le tracce ematiche trovate sulla scena del crimine.

Come funziona la BPA?

Il processo di analisi dei pattern delle macchie di sangue inizia con il calcolo della direzione di proiezione, ottenuto confrontando l’asse minore (A) e l’asse maggiore (B) delle tracce di sangue. Maggiore è la differenza tra i due assi, più la forma della traccia sarà allungata, simile a un’ellisse.

Successivamente, si passa al secondo step, che consiste nel determinare l’angolo d’impatto calcolando l’arcoseno del rapporto A/B. Questo processo dev’essere ripetuto per ciascuna goccia di sangue.

La terza fase prevede l’individuazione della posizione di convergenza: gli schizzi ravvicinati avranno assi che si incontrano a un certo punto. Per visualizzare rapidamente e con precisione questa convergenza, gli strumenti moderni permettono di fare una simulazione al computer caricando una fotografia.

Infine, si procede alla determinazione del punto di origine, cioè lo spazio tra la zona di convergenza e la direttrice perpendicolare alla superficie calpestabile.

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