Il Presidente di FederSicurezza, intervistato da StopSecret, ha discusso dei temi caldi del momento per quanto concerne il comparto della vigilanza privata
Il Presidente di FederSicurezza, Luigi Gabriele, ha rilasciato in questi giorni un’intervista a StopSecret in cui ha espresso le sue posizioni sui principali temi che riguardano il comparto della vigilanza privata, dal rinnovo contrattuale di categoria ai rapporti con la politica. Secondo l’“Osservatorio sulla sicurezza privata” realizzato da FederSicurezza il settore della vigilanza privata sta cambiando profondamente: da una parte la richiesta di servizio sul fronte della domanda (non più solo la vigilanza armata), dall’altra la possibilità per le imprese del settore di fare business, favorendo quelle che si rivelano in grado di innovare e di interpretare le nuove esigenze del mercato. Non a caso, le aziende che hanno saputo innovare hanno ottenuto risultati positivi, a fronte di un settore che dal 2008 in poi ha visto diminuire progressivamente il proprio giro d’affari. Questo, anche a causa degli ingenti investimenti di cui hanno dovuto sobbarcarsi le aziende per adeguarsi alle nuove normative. A pagarne le conseguenze sono state manco a dirlo le imprese più piccole. Basti pensare che oltre 700 microimprese del settore danno lavoro a meno del 3% degli occupati, mentre le grandi imprese (3,4% del totale) producono da sole la metà del fatturato dell’intero comparto e danno lavoro all’80% degli occupati. Stando ai dati di fine 2016, l’intero comparto della sicurezza privata conta 1326 aziende e quasi 70.000 dipendenti. I lavoratori chiedono da tempo (e aspettano pazientemente) il rinnovo del Ccnl. Proprio da questo nodo cruciale ha avuto inizio la nostra breve intervista:
Presidente Gabriele, dopo l’incontro del 15 gennaio, quali saranno le prossime mosse di FederSicurezza in merito al rinnovo del Ccnl di settore?
Innanzitutto, va detto che non si tratta di un rinnovo, bensì di un nuovo contratto dei lavoratori, considerato che il nuovo Ccnl dovrà comprendere non solo le guardie giurate, ma anche quelle figure professionali che svolgono servizio di sicurezza non armato, basti pensare agli addetti alla sicurezza nei locali pubblici, durante gli eventi etc. Attualmente gli addetti alla vigilanza privata, le gpg, contano tra i 35.000 e le 40.000 unità, ma se consideriamo anche la totalità degli addetti alla sicurezza andiamo oltre le 100mila unità. Occorre quindi disciplinare in maniera realistica ed organica queste figure in un contratto nazionale, per avere finalmente una visuale completa del settore e capire i limiti oltre i quali non andare. La sicurezza privata è oggi giorno indispensabile? Bene, dev’esserne riconosciuto il valore. Le aziende non hanno sufficienti risorse? È necessario incrementare il welfare. Dal canto nostro, noi proponiamo di ammodernare l’istituto di malattia in modo da conferire più potere d’acquisto ai lavoratori e dar maggior respiro alle imprese.
In vista delle elezioni politiche del 4 marzo, cosa ci si aspetta dal nuovo Governo per il comparto della vigilanza privata e quali saranno le vostre richieste?
Senza voler risultare “politicamente” di parte, devo dire che l’On. Minniti si è dimostrato all’altezza della situazione, intervenendo in modo intelligente, e mi auspico che il successore sappia proseguire in questo senso. In campagna elettorale tutti i politici parlano e straparlano di sicurezza, tutti la vogliono, come un bene unico e imprescindibile per la cittadinanza: è vero, ma i politici hanno capito veramente cos’è la sicurezza? Ne sanno quantificare il valore? La sicurezza non è e non dev’essere un bene sottocosto. C’è una carenza oggettiva dello stato, una costante richiesta di servizio, da anni ormai siamo più presenti noi sul territorio che le Forze dell’Ordine. Per continuare su questa strada e tutelare la cittadinanza serve un maggior sostegno da parte del Governo, ad esempio con incentivi fiscali in grado di ammortizzare in costi. In primis si potrebbe agire sull’aliquota iva, attualmente al 22%.
A seguito dei fatti di Torino in cui il servizio di vigilanza agli ospedali Martini e Molinette è stato affidato a dei portieri e la strage del Tribunale di Milano del 9 aprile del 2015 (tornata alla ribalta mediatica con un recente articolo de “Il Giornale”) quali misure dovranno essere adottate per evitare il ripetersi di situazioni di questo tipo?
Sui fatti di Milano sono state scritte una serie di stupidaggini. Le guardie giurate per costituzione devono avere la fedina penale immacolata, non può essere altrimenti. Il nodo focale rimane comunque invariato. Vuoi risparmiare? In questo modo non si fa sicurezza, invece di diminuire il rischio lo implementi. Una guardia giurata viene formata in maniera specifica per svolgere a pieno titolo la sua attività e questa specializzazione ha un costo. I portieri, con tutto il rispetto per la categoria, non hanno le competenze, la formazione e la qualifica che ha una gpg, oltre al fatto che non sono nemmeno armati. Ribadisco, se la sicurezza è un valore, lo deve’essere fino in fondo. Se prima c’erano cento guardie giurate davanti a un edificio pubblico, ora siamo a 50 gpg e 50 portieri. Di questo passo, se non si cambia strategia, arriveremo a 70 portieri e 30 guardie armate.
A cura della redazione
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