Non tutti sanno che i furti all’interno della grande distribuzione organizzata costituiscono un problema complesso di cui pagano le spese persino gli stessi consumatori poiché parte dei rincari sui prezzi è dovuto proprio a questo fenomeno.
Gli ammanchi vengono qualificati tecnicamente come “differenze inventariali” e le possibili cause – naturalmente – non riguardano solo i furti ad opera dei clienti, definiti in gergo taccheggiatori, che gravano nella misura approssimativa del 35%, ma dipendono anche da altri elementi che verranno trattati a parte.
La consistenza dei furti costituisce – comunque – un danno economico rilevante per ogni singolo punto vendita che si trova, così, a fronteggiare un problema ostico a cui si sono date interpretazioni e soluzioni variegate, materia studiata dalla loss prevention (protezione del profitto) e gestita da risk manager qualificati, prima ancora di essere sottoposto alle “cure” degli operatori “antitaccheggio“, come vedremo in seguito.
ll furto nei grandi magazzini presenta profili problematici ed è un tema ancora dibattuto dalla giurisprudenza obbligando gli operatori addetti al controllo a destreggiarsi tra incoerenze, anomalie, lacune e stravaganze dell’ordinamento giuridico italiano, un ginepraio nel quale non risulta semplice fare chiarezza.
L’attività preventiva volta ad evitare la sottrazione e/o il danneggiamento di beni esposti alla pubblica fede sembrerebbe essere di esclusiva pertinenza degli Istituti di Vigilanza Privata, ciononostante possiamo affermare che esplica un ruolo dissuasivo anche l’operatore alle dipendenze di una agenzia investigativa oppure di una agenzia di sicurezza sussidiaria (ex portierato), seppure svolgono compiti assai diversi tra loro.
In pratica anche gli addetti non appartenenti alla categoria delle guardie giurate sono certamente idonei a scoraggiare l’attività dei taccheggiatori (ladruncoli), purché la prestazione sia configurata in modo da svolgere un servizio lecito e conforme alla legge.
Ribadiamo che tutte queste figure non sono investite di poteri di intervento diretto per la difesa dell’immobile, ovvero non esercitano funzioni di prevenzione e repressione dei reati contro il patrimonio, ma attraverso la vigilanza passiva costituiscono semplicemente e concretamente un deterrente contro i furti.
Una fonte interessante per dirimere alcuni dubbi in materia è certamente il VADEMECUM OPERATIVO del D.M. 269/10 pubblicato dal Ministero dell’Interno il quale cita testualmente: “L’ANTITACCHEGGIO DEVE RITENERSI PATRIMONIO ESCLUSIVO DELLA VIGILANZA PRIVATA OVVERO DEI SERVIZI DI PORTIERATO QUANDO NON RICORRONO LE CONDIZIONI DELL’ART. 256 BIS”. Altre fonti giuridiche legittimano, in aggiunta, l’intervento delle agenzie investigative e lo vedremo più avanti.
Tra le competenze dei “servizi di portierato” si escludono solo – specifica il citato VADEMECUM (pag. 11-12) – quelle previste dall’art. 256 bis del regolamento d’esecuzione TULPS, cioè gli “obiettivi sensibili” e/o le “speciali esigenze di sicurezza” meglio definite nell’allegato D al punto 3b1 (pag. 34-35), tra i quali certamente non rientra la grande distribuzione.
In realtà la magistratura amministrativa ha recentemente ampliato la sfera d’intervento dei servizi fiduciari (vigilanza passiva disarmata) abbattendo, in larga misura, il concetto restrittivo di “obiettivo sensibile” e offuscando le direttive contenute in alcune circolari ministeriali che – ricordiamo – hanno finalità informative/interpretative ed esprimono più che tutto raccomandazioni e pareri poiché provengono da un organo esecutivo e non legislativo e non devono – pertanto – essere confuse per leggi.
L’attività in analisi, per essere ancora più incisivi, espletata dall’operatore alle dipendenze delle aziende esercenti i servizi fiduciari (ex portierato) si conduce prevalentemente attraverso l’osservazione delle persone e della loro condotta e tale modus operandi è evidentemente distinto dalle attività tipiche messe in atto per la salvaguardia del patrimonio cui si riferiscono evidentemente diverse fonti giuridiche.
I compiti di cui possono occuparsi – invece – le agenzie investigative nel settore del cosiddetto “antitaccheggio” sono previsti dall’art. 5/a, comma aIII, del D.M. 269 del 01.12.2010.
L’attività specificatamente consentita dalla norma di cui sopra – sotto la voce “indagini in ambito commerciale” – è da intendersi come una mera raccolta di informazioni – tramite attività di osservazione – finalizzata all’individuazione delle cause che determinano gli ammanchi inventariali per suggerire rimedi e strategie alla committenza.
Non ha nulla a che fare con un’attività finalizzata ad impedire che venga sottratto il bene, “direttamente” o “indirettamente”. In questo caso l’attività sarebbe infatti riconducibile alla Vigilanza Privata ed andrebbe svolta da guardie giurate, nei modi che la legge prevede.
Stabilite le ragioni per cui le diverse figure professionali sopra esaminate sono legittimate ad operare all’interno della grande distribuzione pur con motivazioni, ruoli e responsabilità distinte resta per tutti ugualmente l’arcano problema di sapersi comportare correttamente laddove si dovesse cogliere in flagranza di reato un taccheggiatore perché il furto resta pur sempre un reato penale che investe, pertanto, il codice di procedura penale il quale consente le misure costrittive della libertà personale solo in casi particolari (art. 383 del c.p.p.) ed è proprio qui che casca l’asino.
I confini operativi degli uni o degli altri diventa, alla fine, una polemica infruttuosa mentre sarebbe fondamentale addestrare adeguatamente il proprio personale a rispettare un protocollo che da una parte salvaguardi gli interessi della committenza e dall’altra tuteli il lavoratore. Invece vi è ancora molta approssimazione ed ignoranza da parte delle aziende che forniscono servizi antitaccheggio e la grande distribuzione – sovente – è pericolosamente orientata ad abbandonare l’operatore a sé stesso.
Nulla di più sbagliato poiché il detentore della cosa mobile, ovvero il soggetto passivo del reato, in caso di furto eserciterà a sua discrezione – ed è l’unico a poterlo fare – il diritto di querela e/o ogni altra iniziativa a tutela dei suoi beni, salvo i casi contemplati dell’arresto in flagranza e fermo da parte di un privato cittadino previsti dalla legge.
A questo proposito sarebbe anche interessante sapere ed approfondire quali eventi trasformano il reato di furto in rapina, cosa sia il “tenue valore” (art. 131 bis c.p.), introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 e come può incidere su tutti questi eventi il fatto che un supermercato sia assimilabile alla privata dimora. E sono temi che il professionista dovrà dominare per non assumere iniziative contrarie alla legge e svolgere il proprio incarico senza alcuna usurpazione.
Per concludere l’attività di monitoraggio all’interno della GDO è lecita se svolta dai SERVIZI FIDUCIARI e/o dalle AGENZIE INVESTIGATIVE e/o dagli ISTITUTI DI VIGILANZA indifferentemente, alla condizione di limitarsi a segnalare il furto al committente/cliente, evitando di esercitare qualsiasi forma di intervento diretto sul taccheggiatore. Nulla vieta – naturalmente – di assistere e coadiuvare il responsabile del negozio durante la fase di contestazione (impropriamente detta “fermo”) al taccheggiatore che non può essere trattenuto per nessuna ragione se non sia responsabile di reati più gravi quali la rapina.
Arginare le perdite dovute ai furti nella GDO è un’attività, come visto, che va ben oltre la diatriba futile sulla figura professionale che se ne deve occupare a “rigor di legge” perché questo confine, applicando determinate modalità operative, diventa inconsistente e senza un’adeguata formazione, chiunque svolgerebbe un servizio poco utile e allo sbaraglio.
Una drastica riduzione delle differenze inventariali permetterebbe ai consumatori di risparmiare sull’acquisto finale dei prodotti ed è per tale ragione che si tratta di un’attività che ha anche una valenza sociale e contribuisce certamente a rendere i luoghi maggiormente frequentati dalle famiglie più sicuri. Per questa ragione sarebbe utile attivare una campagna di sensibilizzazione rivolta alla cittadinanza con lo scopo di indurre la stessa ad essere maggiormente collaborativa con gli operatori della security.
I tempi in cui le agenzie mandavano gli operatori a “dare un’occhiata” dentro i negozi per verificare se qualcuno rubava, senza alcuna preparazione, sono agli sgoccioli. In futuro si avrà spazio quasi unicamente per le aziende con un alto livello di specializzazione e di organizzazione che conoscano approfonditamente la materia e sappiano destreggiarsi tra i meandri della legge.
di Alessandro Cascio – Segretario Nazionale Associazione Professionale Investigazioni e Sicurezza
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