L’avvocato Ferrara Beatrice, dello Studio Legale Gobbi & Partners S.p.A. spiega dettagliatamente come potersi tutelare contro le notificazioni delle autorità sull’impiego dei buttafuori.
La professione degli addetti al servizio di controllo in luoghi pubblici e aperti al pubblico (c.d. “buttafuori”) è attualmente disciplinata dal Decreto del Ministero dell’Interno del 06 ottobre 2009 e ss.mm.
Ciononostante molto spesso accade che le autorità di Pubblica Sicurezza redigano dei verbali di contestazione che risultano essere totalmente privi di ogni fondamento giuridico.
Ma come reagire a tali provvedimenti sanzionatori?
La disciplina è prevista dalla Legge del 24 novembre 1981 n. 689 per l’impugnazione delle sanzioni amministrative.
Qualora gli agenti intervenuti non abbiano elevato il verbale di contestazione della violazione al momento dell’accesso, è bene che l’interessato si preoccupi sempre di verificare che tra la data dello stesso e la sua notificazione non siano intercorsi più di 90 giorni. Infatti nel caso il verbale sia stato notificato oltre detto termine, ai sensi dell’art. 14, comma 6, della Legge 689/1981, il soggetto sanzionato sarebbe autorizzato a non pagare la sanzione pecuniaria disposta.
Effettuato il suddetto controllo preliminare, l’interessato può scegliere di depositare una memoria difensiva ai sensi dell’art. 18, comma 1, della Legge 689/1981 al Prefetto competente per il luogo nel quale è stata commessa l’infrazione, rappresentando le ragioni per cui ritiene che il verbale di accertamento elevato nei suoi confronti sia viziato (e quindi illegittimo), richiedendone l’annullamento.
Il termine entro cui agire è di 30 giorni decorrenti dalla data di notificazione del verbale o dalla data della contestazione qualora questa sia stata effettuata contestualmente all’accertamento da parte degli agenti di P.S.
Si tratta tuttavia di un termine di carattere ordinatorio, con la conseguenza che una memoria depositata anche successivamente al trentesimo giorno non potrà essere dichiarata inammissibile.
In alternativa alla memoria di cui sopra, qualora non ritenga di procedere in via “stragiudiziale” davanti al Prefetto, l’interessato potrà attendere la notifica dell’ordinanza-ingiunzione di cui all’art. 18, comma 2, della L. 689/1981, proponendo contro quest’ultima un ricorso in opposizione dinanzi al Giudice di Pace competente per il luogo della commessa violazione.
Anche in questo caso il termine entro cui agire è fissato in 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza prefettizia. Ma attenzione: questa volta si tratta di un termine perentorio, ossia previsto “a pena di inammissibilità” del ricorso stesso.
Uno dei vantaggi delle memorie difensive sta nel non dover pagare il costo del contributo unificato e della marca da bollo, necessari invece per depositare il ricorso al Giudice di Pace. Inoltre le memorie possono essere inviate a mezzo PEC, evitando di dover spedire tramite raccomandata (o di dover depositare fisicamente in cancelleria) tutta la documentazione cartacea che sarebbe, al contrario, necessaria per il ricorso davanti al Giudice di Pace.
Per di più, se la Prefettura, nonostante la trasmissione delle memorie difensive, dovesse comunque ritenere fondato l’accertamento, la stessa emetterà l’ordinanza ingiunzione di cui al succitato art. 18, comma 2, L. 689/1981 (nella quale dovrà però dare atto dei motivi per cui le osservazioni contenute nelle memorie stesse non siano state condivise) la quale, come anzidetto, sarà comunque autonomamente impugnabile davanti al Giudice di Pace entro i 30 giorni successivi alla sua notificazione.