Quando una coppia si separa il “superiore interesse dei figli” è ciò che si dovrebbe perseguire, lasciando da parte i propri interessi personali. Ma come decidere? Quando si applica l’affidamento congiunto e quando quello esclusivo o esclusivo rafforzato?
Cos’è l’affidamento congiunto?
L’art. 337ter cod. civ. prevede che i figli minori siano affidati congiuntamente ai genitori. Ciò significa che i genitori, ancorché separati o divorziati, debbono continuare ad assumere di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per i figli, mentre per le questioni di ordinaria amministrazione potranno esercitare la responsabilità genitoriale separatamente.
Si tratta, questo, del regime ordinario dell’affidamento, ovvero quello che, normalmente, opera e viene applicato dai Tribunali.
Cosa significa “decisioni di maggiore interesse”?
La questione più difficile da risolvere, però, è stabilire cosa sia il maggiore interesse per i figli e come assumere le relative decisioni. Molte volte i genitori, troppo impegnati a litigare sulle cause che hanno determinato lo scioglimento del loro legame sentimentale, perdono di vista chi, invece, paga il conto più salato della loro decisione: i figli appunto.
La giurisprudenza ritiene che i genitori debbano assumere di comune accordo decisioni quali la scelta della scuola, la richiesta per il nulla osta emesso dalla scuola per il trasferimento da un istituto scolastico ad un altro, l’iscrizione all’anagrafe della residenza del minore, le scelte religiose, la decisione su operazioni chirurgiche o visite presso medici specialistici (cd. di straordinaria amministrazione).
Le decisioni di ordinaria amministrazione, invece, verranno assunte da ogni genitore in modo autonomo, nell’interesse del figlio. A titolo esemplificativo: il genitore non è tenuto a comunicare all’altro le attività che svolge con il figlio nei giorni di sua competenza o dove intende trascorrere il fine settimana. Ciascun genitore è responsabile del figlio nei periodi di sua competenza.
L’obiettivo del Legislatore è di garantire al minore un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, derogando alla regola dell’affidamento congiunto solo in casi eccezionali.
L’affidamento esclusivo: quando viene applicato
Solo in determinati casi il Giudice può derogare alla regola dell’affidamento congiunto, delegando l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale a uno solo dei genitori (art. 337quater cod. civ.).
Anche in questo caso, però, rimangono di competenza di entrambi i genitori le decisioni di maggiore interesse, salvo che non sia diversamente previsto.
In altre parole, il genitore affidatario esclusivo esercita la responsabilità genitoriale sul minore, ma per le decisioni di maggiore interesse (ad esempio la scelta della scuola) dovrà comunque consultare l’altro genitore. Il genitore non affidatario ha comunque il diritto ed il dovere di vigilare sull’istruzione ed educazione dei figli e può ricorrere al Giudice qualora ritenga che l’affidatario abbia assunto decisioni contrarie all’interesse del figlio.
Quando la conflittualità fra i genitori è alta, il Giudice può disporre l’affidamento esclusivo ma solo nel caso in cui il grado di ostilità sia tale da produrre effetti pregiudizievoli e seri al minore. In questo caso, la bambina era costretta a fare due turni a scuola, due diversi sport e persino due diverse diete alimentari, in quanto i genitori non erano in grado di comunicare e trovare un accordo (Corte di Cassazione n.5108/2012).
Il tema del credo religioso viene in essere perché la Suprema Corte ha ritenuto che la conversione di uno dei due genitori non possa costituire motivo sufficiente alla disposizione del regime dell’affidamento esclusivo. Infatti, occorre contemperare da un lato il principio sancito dalla Costituzione per il quale il nostro Paese è uno Stato laico, dall’altro la tutela del minore in caso di forte indottrinamento religioso. (Corte di Cassazione n. 4596/2012).
Distanza geografica tra i luoghi di residenza dei genitori: si richiama l’articolo “Il diritto di visita dei genitori separati, cosa è cambiato dopo la riforma del 2012. Spunti utili ai tempi del coronavirus.”
Mancato o discontinuo esercizio del diritto di visita: il Tribunale di Venezia nel 2013 ha ritenuto che la circostanza per cui il genitore non rispettasse il proprio diritto di visita o lo esercitasse a suo piacimento fosse pregiudizievole per l’interesse del minore e unitamente al mancato pagamento del contributo al mantenimento, fossero elementi per giustificare un provvedimento di affidamento esclusivo.
Quando si parla di affidamento superesclusivo o ‘rafforzato’?
L’istituto intende concentrare tutto l’esercizio della responsabilità genitoriale in capo ad un solo genitore.
In altre parole, il genitore detiene il diritto/dovere di assumere autonomamente tutte le decisioni che concernono il minore.
I casi concreti nei quali il Giudice ha optato per tale regime, fortemente limitativo, sono, ad esempio, casi in cui uno dei genitori è del tutto latitante oppure è affetto da problemi di tossicodipendenza o da patologie di natura psichiatrica gravi o si trova in carcere o si disinteressa del minore.
In sostanza, il Giudice può optare per l’affidamento esclusivo rafforzato quando ravvisi una situazione in cui la necessità di interpellare il genitore non affidatario per decisioni di maggiore interesse può trovare ostacolo nelle condizioni oggettive o soggettive del medesimo con il rischio di “paralizzare” la gestione del minore.
La scelta di tale regime spesso va di pari passo con una limitazione dei rapporti con l’altro genitore, ad esempio quando questi sono circoscritti a visite “in luogo neutro”, ovvero presso la sede del Servizio Sociale alla presenza di un educatore.
La decadenza dalla responsabilità genitoriale
La pronuncia di decadenza richiede esigenze di tutela dell’incolumità dei minori derivanti dalla condotta pregiudizievole del genitore.
Dunque, il presupposto è la grave violazione dei doveri inerenti la responsabilità genitoriale.
Si tratta di una misura estrema di protezione del minore in quanto il provvedimento mira alla sostanziale cancellazione del ruolo genitoriale, sino alla sua eventuale reintegra ed ha carattere “sanzionatorio” per gli inadempimenti già commessi dal/i genitore/i.
Tuttavia, si può parlare anche di un carattere potenzialmente “preventivo”, in quanto mira ad evitare la ripetizione dei danni già causati o la protrazione dei loro effetti quando la condotta parentale si concreti in un vero “abbandono morale” tale da costituire grave violazione dei doveri inerenti alla potestà.
La misura estrema della decadenza dalla responsabilità genitoriale può essere adottata d’ufficio, dunque contro la volontà delle parti, poiché la tutela della prole potrebbe essere di fatto vanificata se dovesse dipendere dalla scelta di chi sulla prole stessa esercita la potestà.
Ciò risponde all’esigenza d’ordine pubblico di garantire una evoluzione normale e positivamente feconda della personalità minorile.
La decadenza non fa venir meno l’obbligo di mantenimento, né preclude la commissione del reato di cui all’art. 570, comma I e II, c.p.
A causa della gravità delle conseguenze sorgenti dal provvedimento di decadenza, il giudice deve esaminare in concreto ogni singolo elemento di fatto, in considerazione del fatto che, anche qualora la condotta del genitore risultasse pregiudizievole per il minore, il giudice non potrà adottare provvedimenti limitativi della potestà che, ove attuati, potrebbero (paradossalmente) costituire fonte di un maggior danno per il figlio stesso.