Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della NYU ha monitorato l’attività cerebrale dei pazienti durante e dopo la rianimazione cardio-polmonare da arresto cardiaco. Dei sopravvissuti, uno su cinque racconta di aver vissuto una “morte lucida”, ossia un’esperienza reale e cosciente del proprio decesso
La “morte lucida”: cosa succede al cervello dopo il decesso
Cosa succede dopo la morte è un mistero che affascina e incuriosisce molte persone e che è stato oggetto di studio in numerose ricerche. L’ultima in materia, presentata a Chicago lo scorso novembre durante una conferenza scientifica della American Heart Association, è stata condotta dal dott. Sam Parnia insieme ad un team di ricercatori della NYU (New York University).
Parnia ha esaminato 567 persone sottoposte a rianimazione cardio-polmonare (RCP) a seguito di un arresto cardiaco, negli Stati Uniti e in Inghilterra, tra il 2017 e il 2020. Attraverso l’elettroencefalogramma, il medico ha focalizzato la propria indagine sull’attività cerebrale che avviene durante e dopo la rianimazione, individuando dei picchi di attività del cervello nei pazienti interessati.
Nei minuti (che possono essere anche ore o addirittura giorni) in cui il cuore smette di battere e le cellule del cervello muoiono le funzioni cerebrali continuano a svolgersi. Secondo Parnia, tali attività sarebbero addirittura potenziate, tanto da poter dar luogo “a un’esperienza umana irripetibile”. E la prova starebbe proprio nell’elettroencefalografia dei soggetti coinvolti nello studio.
Dei sopravvissuti all’RCP, infatti, uno su cinque ha raccontato di aver vissuto una “morte lucida“, ossia un’esperienza reale e cosciente di diversa natura, in cui un soggetto che si trova in uno stato di decesso fisico, può sentire, pensare, vedere e vivere emozioni in maniera consapevole.
I racconti dei testimoni “sopravvissuti”
Secondo il dott. Parnia, nel momento in cui si prepara alla morte “il cervello allenta i freni inibitori permettendo un accesso inedito alle profondità inesplorate della coscienza”. E questo potrebbe giustificare, ad esempio, casi nei quali una persona rievoca i ricordi della propria infanzia, vede a occhi chiusi e percepisce ciò che normalmente non sarebbe in grado di percepire.
Alla notizia dello studio, si sono fatti avanti centinaia di testimoni volontari provenienti da tutto il mondo che hanno vissuto un’esperienza post mortem. I racconti sono diversi tra loro, ma lasciano intendere un filo conduttore comune, ossia la possibilità che in quegli attimi in cui i sopravvissuti erano clinicamente morti, o sulla via del decesso, abbiano vissuto un’esperienza lucida e cosciente.
Taluni ricordano “una luce calda e rassicurante”, altri raccontano di aver vissuto in prima persona “la gioia e il dolore che hanno causato agli altri”. Molte persone affermano di “essersi distaccate dal proprio corpo” e di averlo osservato dall’alto, come se fossero stati in volo. La maggior parte si è vista scorrere la vita davanti, come in un film, prima di riaprire gli occhi e “ricominciare a vivere”.