Alla base di numerose dinamiche patologiche che interessano il criminologo in quanto foriere di situazioni potenzialmente pericolose vi è il nuovo modo di concepire il mercato del lavoro. Sempre più spesso teatro di sfruttamento e di persecuzione da eccessivo carico di lavoro.
Una sintomatologia più che mai persistente e venuta alla luce da qualche anno, in particolare nel personale medico e sanitario dopo la prima fase dell’epidemia da Covid-19. È difficile diagnosticare questo disturbo, ancor di più intercettarlo e trovare un modo per “alleggerire” e “migliorare” questo stress lavorativo. Il burnout dall’inglese to burn ovvero bruciarsi è uno stato di esaurimento sul piano emotivo, fisico e mentale. L’OMS classifica il Burnout come una grave forma di stress lavorativo che un soggetto non è in grado di gestire con successo, una sindrome risultante lo stress cronico non gestibile da chi lo subisce. È caratterizzata da tre dimensioni:
–Esaurimento emotivo;
–Depersonalizzazione o distanza mentale dal proprio lavoro
–Crollo dell’autorealizzazione personale;
Oggi, purtroppo, i ritmi di vita impongono un soggetto lavorativo sempre attivo, dinamico, pronto e disposto a non mollare mai. Un tema sempre più diffuso anche in Europa, al pari degli Usa e della Gran Bretagna che convivono con questa patologia da anni, anche in virtù dei ritmi di lavoro stakanovisti. Si richiede un impegno con scadenza determinata, forte mobilità, flessibilità e progettualità a lungo termine.
Sempre più bersagliati dalle nuove esigenze, multitasking e pronti a rispondere alla mail e alle telefonate continue, ecco che si scatena una vera e propria ansia da lavoro. Un vortice caotico che assorbe ogni energia vitale. Tanto dipende dall’impostazione del lavoro e a volte anche dal soggetto, che non sempre è attento ad ascoltare il proprio corpo e le proprie sensazioni. Ed ecco che l’esito sulla persona si trasforma in confusione, incertezza, turbamento e gestione del conflitto, riduzione dell’empatia ed eccessiva competitività.
L’incertezza e l’ambivalenza che l’individuo vive nella sfera professionale, si ripercuote anche nella vita personale, destabilizzando assetti, equilibri, propositi e aspirazioni. Il mondo del lavoro è un ambito che va tutelato, conformato e reso idoneo al soddisfacimento delle principali aspirazioni di ognuno. È necessario garantire una continuità tra vita privata e vita lavorativa, non soltanto rivendicare il diritto al lavoro inteso non nella sua dimensione economica, cioè finalizzato al consumo, ma come base per promuovere dignità, progettualità (del sé e del futuro) e soddisfacimento del bisogno di identità.
Quali sono gli aspetti criminologici del lavoro sotto stress?
Al criminologo attento non può e non deve sfuggire che oggi di lavoro e per lavoro si muore. Spesso vengono esercitate enormi pressioni sui lavoratori per indurli ad essere più produttivi, pensiamo solo ai tanti quotidiani che pubblicano articoli titolando “Gli orari lunghi uccidono” in cui si legge di lavoratori come conducenti di ambulanze, piloti, operai edili, autotrasportatori e turnisti che lavorano di notte i quali, sfiniti dalla stanchezza, muoiono in incidenti sul lavoro. Come non pensare anche alle multinazionali e grandi catene internazionali di e-commerce spiccate alle cronache proprio per il loro essere poco flessibili con i lavoratori. Lo stesso discorso vale per le ditte che attraversano processi di ristrutturazione e riducono il personale per rimanere economicamente competitive, esercitando maggiore pressione sui dipendenti affinchè producano.
Le linee guida dell’OMS attinenti a questa delicata sintomatologia, chiariscono che prima di diagnosticare un burnout, sia necessario escludere altri disturbi che presentano sintomi simili come disturbo di adattamento, ansia, disordini legati a paure e depressione.
In ogni caso è sempre un buon criterio ricorrere all’aiuto di un professionista.