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DDL Sicurezza: cosa prevede il decreto entrato in vigore e perché sta facendo discutere?

Dal nuovo reato di rivolta in carcere, alle pene più severe per lesioni agli agenti: il DDL Sicurezza, recentemente firmato dal Presidente Mattarella, introduce misure radicali e solleva polemiche accese per le modalità in cui è stato trasformato in decreto-legge. Ecco cosa cambia nel dettaglio.

DDL Sicurezza: da proposta di legge a decreto, la mossa del Governo

L’11 aprile scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DDL Sicurezza che contiene diverse misure sulle forze di polizia, sull’ordinamento delle carceri e in generale sulla pubblica sicurezza. La proposta di legge è diventata nel corso del tempo oggetto di discussione e critiche da parte dell’opposizione, ma anche all’interno della stessa maggioranza.

Il DDL, in discussione al parlamento da circa un anno e mezzo, è stato trasformato nelle scorse settimane in decreto-legge dal Governo. Una mossa del tutto inusuale, che ha sollevato non poche polemiche. Trasformando la proposta di legge in decreto, il CdM ha tolto alle Camere la possibilità di modificarne il testo, lasciando soltanto 60 giorni di tempo per convertire il DDL in legge. Il Governo ha giustificato questo intervento tempestivo come un modo per accelerare l’approvazione di un provvedimento che era andato già fin troppo per le lunghe.

DDL Sicurezza: cosa prevede il nuovo decreto-legge

Il DDL Sicurezza ha fatto discutere, non solo per le modalità di attuazione, ma anche per le misure introdotte, ritenute dall’opposizione troppo repressesive. Nel decreto-legge, il Governo ha apportato alcune modifiche per venire incontro alle richieste del presidente della Repubblica. Nonostante questo, l’impianto rimane quello del disegno di legge originale. Uno dei punti più controversi del nuovo decreto-legge riguarda il rinvio della pena per le donne incinte o con figli di età inferiore a un anno. Precedentemente, la legge imponeva il rinvio obbligatorio della pena, salvo casi eccezionali, mentre ora il rinvio diventa facoltativo.

Stando ai dati del Ministero della Giustizia, al 31 marzo 2025 erano presenti nelle carceri italiane 15 detenute madri con altrettanti figli. Partiti politici, come Lega e Fratelli d’Italia, chiedevano da tempo l’introduzione di questa misura per contrastare il fenomeno “delle madri che fanno figli per non andare in carcere”. Il decreto, tuttavia, stabilisce che la detenzione, sia cautelare che definitiva, debba obbligatoriamente svolgersi in Istituti a custodia attenuata per madri (ICAM). Inoltre, vige l’obbligo annuale per il governo di riferire al parlamento, entro il 31 ottobre, sull’applicazione delle misure cautelari e delle pene riguardanti le detenute madri.

Rivolte nelle carceri e cannabis light

Un’altra misura altrettanto contestata riguarda il reato di rivolta in carcere. Il decreto introduce questo reato, punibile con ulteriore detenzione da uno a cinque anni, per chi compie atti di violenza, minaccia o resistenza in gruppi di tre o più persone. Le pene sono più lunghe se gli atti rivoltosi provocano lesioni personali, o la morte, al personale penitenziario.

Un aspetto molto contestato di questa misura riguarda le “condotte di resistenza passiva”, con cui s’intendono quegli atti che impediscono il compimento di azioni finalizzate alla gestione dell’ordine e della sicurezza nelle carceri. Questo aspetto ha sollevato diverse obiezioni in quanto soggetto a diverse possibili interpretazioni. Inoltre, il reato di rivolta in carcere è stato esteso anche ai centri di trattenimento per i migranti irregolari. Questi centri sono noti per le condizioni degradanti in cui si trovano i migranti, e non stupisce che siano oggetto frequente di proteste e rivolte.

Il decreto-legge sancisce inoltre il divieto esplicito relativo alla cannabis light, proibendo l’importazione, la lavorazione, il possesso, la cessione, la distribuzione, la vendita e il trasporto di infiorescenze con THC basso per uso ricreativo. Questa misura chiarisce ulteriormente i limiti già previsti dalla legge 242 del 2016, ma rischia di portare alla chiusura di numerose attività commerciali.

Forze dell’ordine, ordine pubblico e norme anti-proteste

Significative novità riguardano anche le forze dell’ordine. Il decreto introduce un’aggravante specifica per violenza o resistenza contro agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. In questo senso, prevede la reclusione da due a cinque anni per lesioni personali agli ufficiali in servizio, estesa anche alle lesioni lievi. Il decreto prevede lo stanziamento di fondi per coprire fino a 10 mila euro di spese legali degli agenti coinvolti in procedimenti penali legati al loro servizio. Inoltre, è consentito agli stessi di portare armi private fuori servizio senza licenza specifica.

Le bodycam restano facoltative, mentre il decreto esclude l’obbligo di codici identificativi. Infine, per quanto riguarda l’ordine pubblico, il decreto-legge introduce reati specifici per blocchi stradali e occupazioni abusive di immobili, pene aggravate per chi ostacola infrastrutture strategiche (“norma anti-No TAV”), e sanzioni più severe per chi commette truffe agli anziani, con pene da due a sei anni di carcere e multe significative.

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