Analisi e comparazioni durante le indagini preliminari ancora da chiarire, varie piste aperte dagli inquirenti per rispondere alla giovane mente criminale.
Antonio De Marco si è macchiato di un duplice omicidio, convalidato dal Gip con l’aggravante di: crudeltà e premeditazione. Cinque bigliettini raccontano ciò che Antonio avrebbe dovuto svolgere in un arco di tempo ben delimitato, ma qualcosa quel giorno è andato storto.
Un attacco alle spalle dei suoi ex coinquilini ben studiato, un piano perfetto, dettagliato su quei 5 foglietti rinvenuti nell’androne della palazzina in cui vivevano le due vittime, Daniele De Santis e la fidanzata Eleonora Manta. All’interno di questo vademecum era descritto, passo passo, le varie fasi che dovevano essere messe a punto in meno di due ore.
Con l’ausilio di una prima perizia grafologica, dove sono stati confrontati i segni dei fogli rinvenuti il giorno dell’omicidio e la carta d’identità del sig. De Marco, è stato possibile constatare che la scrittura nei biglietti appartenesse proprio a lui, questo poco prima di costituirsi e confessare il fatto compiuto.
«Sono colpevole, ammetto di averli uccisi. Qualcosa mi ha dato fastidio, ho provato e accumulato tanta rabbia, che poi è esplosa. Mai trattato male: la mia rabbia, forse, era dovuta all’invidia che provavo per la loro relazione»
Una frase ribadita al Gip M. Toriello, che nella mattinata del 1 ottobre ha ordinato il fermo per il 21enne con l’accusa di duplice omicidio aggravato, così come la detenzione in carcere perché definito come: “concreto ed attuale il pericolo che il fermato – se lasciato libero – commetterà delitti della stessa specie”.
Tramite una delle dichiarazioni rilasciate da De Marco, in cui dice “Erano troppo felici”, una delle ipotesi è quella del delitto passionale. “Ho provato e accumulato rabbia…” continuamente De Marco evidenzia il fatto che non ci sia stato un motivo reale per far scatenare la sua ira, ma analizziamo meglio le sue parole. Le ipotesi più acclarate ora sono diverse; invidia, passione, senso di abbandono, tutte caratteristiche che, se non controllate, inducono a compiere atti violenti. Non è un’ipotesi che gli inquirenti dovrebbero sottovalutare, potrebbe essersi trattato di riscatto di un cuore spezzato, di un’invidia profonda, sentita e provata in loro presenza.
Un movente ancora in bilico, senza un margine di certezza alcuna, troppe sono le domande che il gip si sta ponendo in queste ore; nella giornata di ieri è stato richiesto da più parti, avvocati e consulenti, una perizia psichiatrica. La perizia servirà a stabilire le capacità e modalità del reo, nonché a stilare un profilo psicologico dettagliato. Le indagini che si stanno svolgendo in questo istante è di accertamento del movente, tramite le varie consulenze psichiatriche, psicologiche, grafologiche è possibile captare e ricostruire il percorso che il soggetto ha eseguito per riuscire a portare a termine il delitto.
La freddezza con cui è riuscito a svolgere tutto è sconvolgente, la modalità con cui riesce a raccontare tutto fa rabbrividire, aspetti molto importanti perché anche da questi piccoli gesti, il reo, sta esibendo sè stesso agli occhi degli esperti.
L’arma che è stata utilizzata, un’arma bianca da punta e taglio, astutamente studiata e comprata, ci fa capire quanto sia stato premeditato il colpo, con un’arma così è plausibile capire che De Marco l’avrebbe utilizzata per vittimizzare i soggetti senza restrizioni alcune. Di quest’arma si sono perse le tracce, recuperarla non sarà facile se prima non si studia per bene la dinamicità del percorso ideato e la personalità del reo.
Un’altra ipotesi, al giorno d’oggi, molto plausibile, è quella relativa a un riferimento particolare in uno dei bigliettini, a cui gli esperti ancora non riescono a dare una risposta concreta. In uno dei fogli c’era scritto “caccia al tesoro”, come se si volesse indicare un Virtual Game, ora molto in voga tra i giovani.
Esistono varie tipologie di App, chat virtuali, in cui i ragazzi vengono distorti psicologicamente in pochissimo tempo, bastano pochissimi scambi di parole che la psiche del ragazzo viene offuscata. Osservando la freddezza con cui è riuscito a portare a termine il suo “progetto”, l’andamento tranquillo mentre andava via da quell’appartamento, visto dai video di una delle telecamere limitrofe alla scena del crimine, la sua emotività eteroclina nel momento dell’interrogatorio; segni che tengono aperta anche quest’altra pista.
Una sfida, studiata come se fosse un gioco, preparata e studiata nei minimi dettagli, per vendicarsi di una realtà che agli occhi del reo non era accettata, la coppia di ragazzi creava scompiglio nella mente dell’omicida. Spinto da terzi, per aiutare un ragazzo debole a vendicarsi di una situazione che gli creava disagio? O una prova di coraggio?