Il delitto di via Poma è certamente uno degli omicidi italiani più misteriosi degli ultimi 30 anni. Il 7 agosto del 1990 Simonetta Cesaroni, una giovane donna di appena 20 anni, fu ritrovata morta nello stabile dove lavorava. Nonostante i molti indagati, il colpevole non è ancora stato individuato.
Delitto di via Poma: come avvenne l’omicidio di Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni era una ragazza di appena 20 anni e lavorava come segretaria presso l’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù (A.I.A.G.).
Il 7 agosto 1990 fu uccisa nel suo ufficio all’interno dello stabile in via Carlo Poma, a Roma, dove aveva sede l’associazione. L’autopsia, effettuata qualche giorno dopo il delitto, ha appurato che la morte della giovane donna avvenne tra le 17.30 e le 18.00 di quel giorno, a causa di un trauma cranico e di numerose coltellate, 29 in tutto, inferte presumibilmente con un tagliacarte.
Il corpo venne ritrovato intorno alle 22.30 dalla sorella Paola, che si recò sul luogo del delitto insieme al fidanzato di allora, Raniero Brusco, e al datore di lavoro della vittima, Salvatore Volponi. Al momento del rinvenimento, la ragazza si trovava distesa sul pavimento con le gambe divaricate, senza slip e con il reggiseno spostato verso il basso. Un dettaglio agghiacciante, che ha fatto pensare fin da subito a un delitto di natura passionale.
I principali sospettati
Uno dei principali indiziati per l’omicidio di Simonetta Cesaroni fu Pietro “Pietrino” Vanacore, portiere dello stabile dove si trovava la sede dell’A.I.A.G.. Contro di lui le accuse furono diverse: la sua assenza nelle ore del delitto, l’acquisto recente di una smerigliatrice e la presenza di alcune macchie di sangue sui suoi pantaloni. Vanacore passò 26 giorni in carcere, per poi essere rilasciato in quanto le macchie ritrovate sui pantaloni riportavano solamente il suo DNA. Nel 2010, l’uomo si suicidò a causa dello stress mediatico e delle sofferenze giudiziarie legate al caso.
Un’altra persona coinvolta nelle indagini fu Raniero Brusco, l’allora fidanzato di Simonetta. Dopo un’analisi del DNA, condotta nel 2007, Brusco fu ufficialmente indiziato per l’omicidio, poiché nella stanza dove la ragazza perse la vita, vennero trovati otto alleli parzialmente coincidenti con quelli dell’uomo. Inoltre, il morso sul seno di Simonetta corrispondeva con l’arcata dentale di Brusco. Nel 2011, l’uomo venne condannato in primo grado a ventiquattro anni di reclusione, ma l’anno successivo venne assolto in appello. Decisione confermata anche dalla Corte di Cassazione nel 2014.
Tra gli altri indagati compaiono anche Salvatore Volponi, ex datore di lavoro della vittima, e Federico Valle, nipote dell’architetto Cesare Valle, presente nello stabile il giorno dell’omicidio. Tuttavia, le accuse contro i due uomini furono successivamente accantonate e archiviate.
Un omicidio ancora irrisolto
Nonostante numerose piste, perseguite nel corso degli anni, il delitto di via Poma non ha ancora un responsabile certo. Questo, ha reso la vicenda uno dei cold case italiani più misteriosi e inquietanti degli ultimi decenni.
Al momento, in cima alla lista dei sospettati ci sarebbe Mario Vanacore, figlio del portinaio Pietro Vanacore. Secondo i carabinieri sarebbe stato proprio il ragazzo, oggi sessantaquattrenne, a uccidere Simonetta Cesaroni dopo aver tentato di violentarla nell’ufficio dove lavorava. L’accusa sostiene che il padre “Pietrino” e la madre Giuseppa De Luca avrebbero ripetutamente mentito agli inquirenti e depistato le indagini per coprire il figlio. L’indagato, invece, afferma di aver visto la ragazza “solo da morta” e di aver presentato un esposto per calunnia e diffamazione.
Paola Cesaroni, sorella di Simonetta, non si dà pace e nelle scorse settimane ha dichiarato che l’assassino va cercato “tra le palazzine e gli ostelli di via Poma, un ambiente di dubbia moralità”. La sua speranza è che il caso non venga archiviato e che si possa far luce sull’omicidio della sorella. Un grande dolore attanaglia i familiari di Simonetta Cesaroni che ancora oggi, a distanza di quasi 34 anni, attendono la verità e la chiusura definitiva di questa tragica vicenda.