Nadia Bolognini e Stefano Zago hanno elaborato un metodo per scoprire le ultime volontà di un defunto e la sua capacità di intendere e volere
Intorno al testamento di una persona che non c’è più, spesso sorgono controversie per l’eredità. Uno dei classici casi avviene quando il defunto lascia gran parte dei suoi averi alla badante oppure quando di fronte a un patrimonio cospicuo saltano fuori mille parenti di cui non si conosceva nemmeno l’esistenza. In molti casi, l’incapacità di intendere e di volere del defunto diventa una scusa per appellarsi alla giustizia. Famigliari e persone più o meno vicine si aggrappano a qualsiasi cavillo pur di trarre beneficio, in termini economici, dalla morte di un parente. Sembrerebbe la trama di un giallo, in cui tutti vogliono accaparrarsi l’eredità, tuttavia è molto più vero di quanto ci si aspetta.
Infatti, in questi anni, il numero di testamenti presi in esame dalla giustizia è aumentato in modo considerevole, al pari quasi dei divorzi. Per far fronte a questa “emergenza” Nadia Bolognini e Stefano Zago hanno elaborato un metodo per risalire alle vere intenzioni del defunto. Ribattezzati come i “detective dei testamenti”, negli ultimi cinque anni hanno seguito circa 80 casi di lasciti testamentari. Nadia Bolognini è un’insegnate di Psicobiologia e Psicologia fisiologica all’Università di Milano-Bicocca e direttore scientifico del laboratorio di Neuropsicologia dell’Istituto Auxologico Italiano. Stefano Zago, invece, è neuropsicologo clinico e forense, dirigente psicologo di primo livello al Policlinico di Milano. Insieme, vanno a caccia di indizi per comprendere le reali volontà del defunto, anche tramite autopsia neuropsicologica.
“In questo periodo i contenziosi sui testamenti sono aumentati in modo consistente” ha spiegato Nadia Bolognini. “Nella maggior parte dei casi, si pensa che basti un’etichetta diagnostica ad annullare o meno il testamento. Tuttavia, il declino cognitivo con l’invecchiamento è fisiologico e anche di fronte a un principio di Alzheimer non è detto che la persona non avesse più la capacità di decidere su come disporre dei suoi beni. Magari non ricorda cosa ha mangiato il giorno prima, ma sa bene di aver divorziato dalla prima moglie e che i figli non si sono mai voluti occupare di lui. Davanti a certe scelte, che possono apparire assurde, c’è la tendenza a dire che è “colpa” della malattia. Ma invece può essere ragionevole se si scopre che le basi neurali funzionavano benissimo e che nella vita la persona in questione era stata abbandonato da tutti.