Articolo Pubbliredazionale
Negli ultimi anni, sempre più spesso le aziende ricorrono ad agenzie investigative per essere supportate nella lotta all’assenteismo dei dipendenti e mettere così a punto strategie volte a circoscriverne l’entità e a limitarne gli effetti negativi non solo sulla produttività bensì sul costo del lavoro.
L’assenteismo aziendale è un fenomeno che si palesa attraverso l’assenza reiterata di un lavoratore dal luogo di lavoro e che si manifesta attraverso assenze immotivate, mancato rispetto dell’orario normale di lavoro, fruizione smisurata di permessi retribuiti, richieste ricorrenti di permessi per malattia, mancanza di puntualità.
In un contratto a prestazioni corrispettive, qual è appunto il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, le parti sono tenute, l’una verso l’altra, allo scambio reciproco di prestazioni e l’assenza del lavoratore impedisce allo stesso di espletare la propria prestazione lavorativa a favore del datore di lavoro-creditore il quale, oltre a risentire della natura aleatoria dell’assenteismo che gli impone imprevedibili modifiche dei piani di lavoro nonché l’immediato ricorso ai ripari per la sostituzione del dipendente assente, soffre dell’innalzamento del costo del lavoro, talvolta con ripercussioni negative sull’immagine dell’azienda.
“Il 40% delle nostre indagini aziendali si focalizza sul fenomeno dell’assenteismo dei dipendenti”- afferma Salvatore Piccinni, Senior Security e Intelligence Analyst di Inside Agency, agenzia specializzata nella gestione del rischio aziendale, con sedi in USA, Russia, Emirati Arabi, Brasile, Svizzera, UK, Hong Kong e Sudafrica e presente anche in Italia, nelle città metropolitane di Milano e Roma – “La nostra attività consiste nel condurre attività investigative mirate, con la finalità di reperire e documentare tutti quegli elementi di prova utili a legittimare, in sede giurisdizionale, il licenziamento nei confronti del dipendente che, in violazione degli obblighi di correttezza, buona fede e fedeltà, abbia tenuto un comportamento scorretto tale, dunque, da compromettere quel vincolo fiduciario insito nel rapporto di lavoro subordinato.
I casi di assenteismo stanno crescendo a dismisura – continua Salvatore Piccinni – e noi veniamo contattati non solo dai legali che assistono importanti gruppi societari e multinazionali, ma anche dal piccolo imprenditore che, sempre più spesso, si trova a dover fare i conti con l’incombenza della crisi economica globale e con le difficoltà legate agli innumerevoli problemi che sorgono in occasione della cessazione di un rapporto di lavoro. Le casistiche sono numerose e varie: si tratta di dipendenti assenti per malattia e poi sorpresi a svolgere attività lavorativa a favore di terzi, ancor peggio a svolgere le medesime mansioni presso aziende concorrenti; ci troviamo di fronte ad abusi illeciti del diritto a fruire dei permessi per l’assistenza di un figlio, un genitore o un parente con handicap grave, di cui all’art. 33 della Legge 104/92; molto spesso si tratta, semplicemente, di dipendenti negligenti.
Nel momento in cui accettiamo un incarico, il nostro lavoro si sostanzia in un’attenta e minuziosa osservazione, statica e dinamica, che ci impegna per molte ore al giorno, alternando appostamenti e pedinamenti al fine di valutare al meglio il comportamento del soggetto investigato, e il nostro operato è volto all’acquisizione di tutti quegli elementi di prova utili per risolvere il caso sottoposto alla nostra attenzione”.
A supporto dell’attività dell’investigatore, l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui è consentito al datore di lavoro pedinare il dipendente, il cui rapporto di lavoro è sospeso, per mezzo di un’agenzia investigativa. È quanto afferma la Cassazione, sottolineando che il ricorso alla professione dell’investigatore, se ha come fine ultimo la tutela del patrimonio aziendale, è del tutto ammissibile e può verificarsi nella sospensione dell’obbligazione principale (Cass. 4984/2014). A tal proposito, la Corte Suprema di Cassazione, nell’avallare il ricorso ad un’agenzia investigativa per stanare il dipendente inoperoso e infedele, ha inoltre statuito la legittimità del licenziamento del dipendente verificatosi in costanza di malattia qualora si accerti che lo stesso “nei giorni di assenza compiva attività logicamente incompatibili con la patologia stessa – come sollevare una bombola a gas, cambiare una ruota, prendere in braccio la figlia”. È lecito, dunque, comminare il licenziamento non solo quando l’attività compiuta al di fuori del rapporto di lavoro sia tale da simulare, con intento meramente fraudolento, una patologia svelatasi poi nella realtà dei fatti fittizia e pertanto inesistente, ma anche quando la medesima attività, avuto riguardo alla natura della malattia, sia tale da compromettere o rallentare la guarigione psico-fisica del lavoratore e la conseguente ripresa dell’attività lavorativa (Cass. 25162/2014).
“In questi casi siamo di fronte ad una problematica economico e sociale che può esprimersi in vari modi e forme – conclude Salvatore Piccinni – ed, in quanto tale, merita un’attenzione particolare e un trattamento adeguato da parte di tutti gli addetti ai lavori. È doveroso intervenire con maggiore incisività e rigore nei confronti del dipendente che non adempie al proprio dovere, ossia nei riguardi di colui che, assentandosi senza giusta causa, causa un danno all’azienda per cui lavora. I nostri clienti si affidano a noi con la certezza di ottenere dei risultati concreti e da sempre, la professionalità e la competenza che ci contraddistinguono, ci hanno permesso di raggiungere un livello ottimale di soddisfazione che va oltre ogni aspettativa”.