Sempre con maggior frequenza le aziende ricorrono alle agenzie investigative per smascherare un falso malato: in caso di colpevolezza scatta il licenziamento per giusta causa
Le aziende, sia pubbliche che private, si affidano sempre più spesso agli investigatori privati per smascherare un falso malato. L’ultimo episodio balzato alle cronache riguarda una donna che lavorava per un’azienda della provincia di Bergamo che si occupa di reti informatiche. La lavoratrice, dopo aver subito un intervento chirurgico alla mano sinistra, aveva chiesto ripetute proroghe per la convalescenza, motivandole con l’impossibilità di muovere le dita della mano operata. A seguito di questo reiterato periodo di assenza, l’azienda ha deciso di verificare tramite un’agenzia investigativa quali fossero realmente le condizioni di salute della dipendente. Secondo quanto appurato dalle indagini, la donna, oltre ad essere stata sorpresa a svolgere diverse mansioni nell’arco della giornata, era anche in grado di utilizzare la mano sinistra per guidare l’auto o caricare nel bagagliaio le borse della spesa. A quel punto l’azienda ha deciso di licenziarla per giusta causa.
Casi analoghi di lavoratori che si spacciano per malati di certo non mancano. Nella maggior parte delle volte vengono sorpresi dai detective in condizioni di salute idonee per lavorare, che svolgono attività che ritardano il recupero della salute oppure che per arrotondare lavorano da qualche altra parte. In tutti questi casi la condotta del dipendente viene ritenuta talmente grave da non garantire la continuità del rapporto lavorativo: quindi il licenziamento per giusta causa è da considerarsi legittimo. Questo è quanto è stato stabilito dalla Cassazione che ha inoltre autorizzato le aziende ad affidarsi alle agenzie investigative per smascherare i colpevoli.
Va aggiunto anche, che nemmeno il certificato medico è sufficiente per evitare il licenziamento in tronco in caso di falsa malattia. Per i giudici infatti non è tanto importante l’attestazione del dottore quanto l’effettiva condizione di non salute del paziente. Se il certificato medico è falso, sia il dottore che il paziente sono passibili di condanna penale. Il medico rischia un’accusa di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale e punita dal Codice penale con la reclusione da tre mesi a due anni. Al paziente invece, viene contestato il fatto di utilizzare il certificato medico e di consegnarlo al proprio datore di lavoro pur sapendo che era affetto da falsità. È quello che il Codice penale chiama “uso di atto falso”.
A cura della Redazione
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