Lo scandalo di Messina e il reiterato abuso dei permessi della legge 104 inducono aziende e pubblica amministrazione a correre ai ripari affidandosi ad una società d’investigazioni
I numeri che riguardano i “furbetti della 104” e gli assenteisti sono impietosi. Negli ultimi anni la richiesta di permessi per assistere un parente malato o invalido è continuata a crescere e con l’aumentare della richiesta sono aumentate in modo esponenziale anche le truffe. Tra il 2012 e il 2016, l’aumento dei beneficiari della legge 104 nel settore privato ha segnato un +30%, per un totale di 460 mila beneficiari e una spesa complessiva dell’Inps di 1,5 miliardi. Nel pubblico impiego non è andata molto meglio considerato che il numero medio pro-capite annuo di giorni di permesso stimato è di 6 contro gli 1,5 del privato. Il costo complessivo dei permessi per le casse pubbliche ammonta ad oltre 3,3 miliardi di euro.
Un discorso analogo vale anche per l’assenteismo, che colpisce in modo più impattante il pubblico impiego. Di recente è balzato alle cronache lo scandalo di Ficarra, paesino in provincia di Messina, in cui sono indagati per assenteismo 23 su 40 dipendenti dell’amministrazione locale, per un totale di oltre 12.500 minuti di assenza dal lavoro. Nel 2017 sono stati 324 (praticamente uno al giorno) i dipendenti pubblici licenziati e 1.167 quelli sospesi per assenteismo.
Se da una parte si pensa di risolvere il problema con interventi legislativi mirati, dall’altra le aziende, tanto nel pubblico quanto nel privato, si sono munite di altri strumenti per correre ai ripari e non venire beffate dai propri dipendenti. Secondo la Corte di Cassazione infatti, qualora un datore di lavoro abbia dei sospetti in merito all’uso improprio dei permessi della legge 104 o ad assenze reiterate da parte del proprio dipendente, può disporre di un detective privato per effettuare dei controlli. Il ricorso ad una società di investigazioni è lecito in quanto specificatamente volto a verificare “il corretto adempimento degli obblighi gravanti sul lavoratore”, purché non venga violato il limite previsto dalla legge sulla privacy (niente riprese e fotografie all’interno della dimora privata dell’interessato).
Nel caso in cui venga scoperta e accertata la truffa, la segnalazione deve essere inoltrata alla procura della Repubblica. Le prove raccolte dall’investigatore privato potranno essere utilizzate davanti all’autorità giudiziaria. Inoltre, al detective potrebbe anche essere richiesto di testimoniare su quanto visto ed appreso, nel caso in cui il dipendente incriminato contesti le prove raccolte dal datore di lavoro. L’accertamento finale spetta comunque sempre al giudice.
A cura della Redazione
© Riproduzione riservata