Le conseguenze riportate dai ragazzi con Internet Gaming Disorder possono essere di natura fisica, cognitiva, relazionale, economica ed emotiva. Ma come poter agire per arginare questo fenomeno?
L’uso eccessivo dei videogiochi è un fenomeno sempre più frequente, soprattutto negli adolescenti: un mondo nuovo, accattivante ma anche sconosciuto. Una dimensione digitale che sfugge al controllo di chi ignora i pericoli del web rischiando di sottovalutare un fenomeno in continua e costante crescita.
Ci sono studi interessanti in questo ambito e proprio a tal proposito, ho deciso di approfondire l’argomento con il Dottor Domenico Piccininno, Criminologo forense specializzato in neuroscienze applicate al crimine e alla devianza e Direttore Scientifico dell’’Academy Forensic Science” e docente presso la “Business School” Diritto Più.
La dipendenza da videogiochi è sempre più diffusa tra i ragazzi. Quanto è sottovalutato questo fenomeno?
Preliminarmente v’è da precisare che il Gaming disorder– incluso solo recentemente nella classificazione dei disturbi ICD-11 dall’OMS e in vigore da quest’anno- è una patologia diagnosticata solo all’individuo che sostituisce praticamente la vita sociale (offline) con quella a-sociale (online). Le dico con franchezza che, da quando ho iniziato a studiare la probabile connessione tra la dipendenza digitale tout court considerata, ad oggi è cambiato il modo di approcciarsi al topic in esame. Prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria in Italia, diversamente dal panorama internazionale, la dipendenza da video games non era tanto oggetto di divulgazione scientifica, accademica e sociale, salvo qualche riscontro a cura di associazione culturale di settore o da parte di professionisti specializzati nell’ambito psicologico che, di tanto in tanto, pubblicavano articoli divulgativi. Per questo ho pensato di cristallizzare le analisi e gli studi che avevamo fatto fin a quel momento in un libro, fino ad arrivare a parlarne in conferenze, seminari e ad inserirlo come modulo in corsi di specializzazione promossi dall’Academy Forensic Science. Ritengo che il miglior modo per adottare strategie preventive e gestionali di un fenomeno in genere sia la condivisione della conoscenza scientifica, anche sull’argomento in questione, superando le diatribe ormai solo accademiche.
Possiamo ritrovare un filo comune tra socialnetwork, videogames e devianza giovanile? Come è possibile per un genitore capire se il proprio figlio è dipendente da videogioco?
Dallo studio analitico della letteratura neurocriminologica in ordine al tema in esame e dalla ricerca socio criminologico pilota che ho condotto in collaborazione con il dr. Mirko Avesani posso rispondere positivamente. Non demonizzo i video games ma appartengo a quella corrente di pensiero che rileva la connessione tra uso eccessivo di questi tools e fenomeni di devianza e criminalità giovanile. Dal nostro studio è emerso, infatti, che l’uso smisurato dei video games a contenuto violenti e aggressivi e dei social network è associato a tratti personalistici comuni dei ragazzi analizzati: tratti depressivi, sociopatia, iperattività, rabbia, frustrazione socio-psicotica e infanzia disturbata. Se le evidenze neuroscientifiche ci hanno dimostrato che l’uso smodato del video game può causare l’incremento di stati di irrequietezza, di paure, di ansia, depressione e disturbi del sonno, allora un genitore deve partire proprio da questi segnali.
Parliamo di prevenzione: concretamente cosa si può fare per controllare o comunque limitare gli effetti di questa pericolosa e sempre più diffusa dipendenza?
E’ necessaria la promulgazione di una legge ordinaria che disciplini la connessione tra dipendenze da video games, social network e fenomeni di devianza e criminalità sin qui descritti, che si fondi sulla diffusione delle conoscenze scientifiche e statistiche sul tema attraverso progetti di formazione circolari che coinvolgano i giovani insieme alle famiglie e i docenti al fine di sensibilizzarli concretamente su tutto ciò che si è detto sin qui. Vi è il bisogno urgente di una legislazione che perimetri l’ambito di applicazione del video gioco violento, attraverso l’indicazione di vincoli e limiti applicati allo stesso, prevedendo una disciplina che regolamenti l’utilizzo di questi ultimi sulla falsariga di quanto proposto dal governo cinese, dalla Corea del Sud, recentemente in Giappone e la giusta proposta di divieto loot box in determinati giochi da parte di un parlamentare australiano. Ai genitori consiglio, nei limiti del possibile, di evitare un’educazione improntata sull’atteggiamento ostile, sul controllo insistente, autoritario, sull’eccessiva permissività, mascherata da amore, ma fondarla sull’assistenza e sui principi del dialogo, della comprensione dell’errore proprio e altrui, sulla cooperazione e l’inclusione sociale.