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Primo piano autrice del libro "Delitti imperfetti"

Gli errori dei killer, Perri (Giallo): “I delitti perfetti non esistono. Esistono solo assassini fortunati”

Nonostante non manchino i cold case, in Italia restano irrisolti ben pochi omicidi. A quanto pare, i delitti perfetti non esistono e spesso è proprio l’assassino a tradirsi.

Delitti imperfetti e tragiche fatalità

È davvero possibile architettare il delitto perfetto? Nonostante i tentativi di “farla franca”, non lasciare tracce è praticamente impossibile. In più, spesso sono proprio gli assassini a commettere degli errori.

Oggi, poi, grazie alle indagini scientifiche e tecnologiche, che vanno ad affiancare i metodi di indagine più tradizionali, restare impuniti è sempre più difficile. E se nei casi irrisolti le tracce non vengono trovate, è solo per via di concomitanti e sfavorevoli circostanze, non certo perché non ve ne siano.

Ne è convinta Albina Perri, giornalista e direttrice del settimanale “Giallo” (Cairo Editore), nonché autrice di “Delitti imperfetti. Gli errori fatali degli assassini” (Mursia).

In “Delitti imperfetti” vengono analizzati gli errori in cui cadono anche i criminali più freddi e distaccati. Quali sono i casi trattati e quale l’ingenuità commessa?

Ho trattato undici casi famosi: Giuseppe Piccolomo, La Circe della Versilia, Donato Bilancia, Guerrina Piscaglia, il delitto dell’Olgiata, Marco Vannini, i Ludwig, Isabella Noventa, il piccolo Tommy, Unabomber e Yara Gambirasio.

Le ingenuità sono tutte diverse: Piccolomo si è fatto incastrare da una sigaretta di troppo, la Circe da una porta chiusa a chiave, Bilancia dal vizio di saltare i caselli dell’autostrada, Padre Graziano ha sbagliato i destinatari di alcuni sms, i Ludwig hanno tentato di dare fuoco a una moquette ignifuga, gli assassini di Isabella Noventa hanno usato la sua giacca per farla sembrare ancora in vita, quello del piccolo Tommy si è tolto un guanto perché non riusciva ad aprire il rotolo di nastro adesivo con cui ha immobilizzato il resto della famiglia, lasciandoci su un’impronta, Unabomber è stato incastrato dalla cognata che ha letto il suo Manifesto e ne ha riconosciuto lo stile e Bossetti da una minuscola traccia di Dna.

Ma gli errori degli assassini sono infiniti: c’è chi ha commesso un omicidio lasciando la telecamerina gopro accesa, chi ha parcheggiato in doppia fila, chi ha buttato i resti dei cadaveri nel water, intasandolo…

In Italia resta impunito solo un omicidio su quattro. Il delitto perfetto esiste o se non si viene scoperti è solo un caso fortuito?

Come diceva Locard, il padre della criminologia, “ogni contatto lascia una traccia”. Non esistono delitti perfetti, esistono solo assassini fortunati. Siamo esseri umani, d’altra parte: imperfetti di natura.

Le indagini stanno facendo passi avanti soprattutto grazie alla tecnologia. Quali strumenti stanno diventando indispensabili per catturare gli assassini?

Gli assassini hanno sempre più vita difficile. Le nuove tecnologie sono una grande risorsa per le forze dell’ordine. Le telecamere sono occhi che riprendono quasi ogni angolo delle nostre città, i cellulari ci tracciano e dicono agli inquirenti dove siamo stati e quando, gli esami scientifici trovano dna nei posti più reconditi, i computer ricordano ogni ricerca su google che facciamo. Ogni messaggio che inviamo può essere ritrovato anche se lo abbiamo cancellato. Farla franca oggi è veramente difficile.

Ci sono dei cold case del passato che avrebbero potuto essere risolti con le nuove conoscenze che ora sono a disposizione delle forze dell’ordine?

Tutti o quasi. Se in via Poma ci fossero state le telecamere sapremmo chi è entrato in ufficio a uccidere Simonetta Cesaroni. Se Emanuela Orlandi avesse avuto un cellulare, l’avremmo potuta localizzare, solo per fare due esempi tra i più famosi. Se ci sono reperti ben conservati, tra l’altro, in molti cold case che se rianalizzati oggi potrebbero risolvere molti misteri. Nel caso dell’Olgiata, per esempio, è stato proprio così: dopo molti anni gli inquirenti hanno analizzato il lenzuolo che stringeva il collo della povera contessa Alberica Filo della Torre e lì hanno trovato la traccia del killer, il filippino ex domestico della signora, che è stato finalmente arrestato.

Qual è il delitto fra quelli analizzati nel libro dove il comportamento e gli sbagli dell’omicida sono stati più sorprendenti?

Mi ha colpito Unabomber, Ted Kaczynski, perché era un uomo estremamente intelligente, un genio della matematica, anche se schizofrenico. È riuscito a non farsi prendere per quasi 18 anni. L’Fbi, con lui, ha messo in piedi la più grande e costosa caccia all’uomo. È caduto nella trappola della vanità: lui, che era un eremita, ha voluto far sapere al mondo perché aveva spedito pacchi bomba.

Ha scritto un Manifesto e lo ha inviato ai giornali pretendendo che lo pubblicassero. Non ha pensato che in questo modo avrebbe fornito agli inquirenti materiale prezioso: il suo modo di esprimersi, le sue espressioni tipiche, i suoi errori grammaticali, i modi di dire locali. Si è fatto catturare per una parola di troppo. Nel suo capanno, in Montana, però, ha lasciato un diario con dentro tutta la sua vita. Un diario segreto che ho trovato e che ho tradotto, sempre per Mursia editore e che sarà in libreria a gennaio.

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