La Green Criminology, o criminologia verde, è una branca delle scienze forensi che si occupa dei danni e dei crimini ambientali. Questa disciplina, introdotta nel secolo scorso, trova grande applicazione negli ultimi anni a causa dell’aumento dei reati perpetrati contro l’ambiente
Cos’è la Green Criminology e quali sono i crimini verdi
La Green Criminology è una branca forense che studia i danni e i crimini ambientali e gli impatti che gli stessi hanno sull’ambiente. L’osservazione di questi reati implica anche lo studio del diritto e della giustizia, delle politiche e delle economie ambientali.
Il concetto di Green Criminology è stato introdotto da Michael J. Lynch nel 1990. In origine venne inteso come “l’insieme dei danni causati agli esseri viventi, attraverso la creazione di rischi ambientali a livello locale o globale, legati a crimini d’impresa, ma anche a crimini statali, i cosiddetti White Collar Crime”. Questo concetto è stato ripreso successivamente da Piers Biern e Nigel South, i quali fornirono una definizione ancora più ampia di Green Criminology che comprende “i danni contro l’umanità, l’ambiente (compreso lo spazio) e gli animali non umani, commessi sia dalle istituzioni che dalla gente comune e che lasciano un’eredità alle generazioni future”.
I reati ambientali, o crimini verdi, si suddividono in due categorie: primari e secondari. I crimini verdi primari riguardano i danni diretti causati all’ambiente e alle specie. Tra questi figurano l’inquinamento atmosferico, la deforestazione, l’abuso di animali, l’inquinamento delle acque e l’esaurimento delle risorse. I crimini verdi secondari includono invece i reati che derivano dall’attività del governo o governo societario illegale e/o negligente, come la violazione di norme stabilite dagli stessi organismi che regolamentano le attività sensibili all’ambiente (violenza di stato, rifiuti pericolosi e criminalità organizzata).
I crimini ambientali in Italia secondo il Rapporto Ecomafia 2022
Tra i comportamenti dannosi per le persone, gli animali e l’ambiente che costituiscono reato ci sono, per citarne alcuni esempi, i danni causati alla qualità del suolo, dell’aria e dell’acqua, il bracconaggio e il dominio sugli animali nell’industria agroalimentare, l’abuso e lo sfruttamento degli ecosistemi.
Secondo il Rapporto Ecomafia 2022, in Italia il 43,8% dei reati ambientali si concentra in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. A livello provinciale, il primato è in capo a Roma, seguita da Napoli e Cosenza.
Circa un terzo del totale dei reati ambientali interessa la filiera del cemento. Seguono il ciclo dei rifiuti e a ruota i reati contro fauna, gli incendi, i reati contro i beni culturali e contro la flora. I crimini più contestati dal 2015 ad oggi sono stati il “disastro ambientale” e l’”inquinamento ambientale”. Infine, la corruzione, in gergo Green Corruption, continua ad essere uno dei principali strumenti per commettere reati ambientali in Italia.