I servizi di scorta, intesi come attività destinata a proteggere l’incolumità di una persona, possono essere svolti esclusivamente da personale appartenente alle forze dell’ordine, coordinati dall’UCIS (Ufficio Centrale Interforze per la Sicurezza personale). Fino a pochi anni or sono tutto era alquanto disorganizzato e se ne occupavano prevalentemente gli agenti della DIGOS, capeggiati dalle Prefetture.
Il personale della Polizia di Stato, destinato a questo delicato compito, impara i rudimenti del mestiere presso un centro di formazione e istruzione professionale specialistico ubicato in Sardegna (Abbasanta – Oristano). Il corso forma gli “operatori addetti ai servizi di scorta e sicurezza”, dura 5 settimane e per mantenere l’abilitazione devi fare una settimana di aggiornamento ogni 3 anni.
I dati ufficiali, qualche volta in antitesi tra loro, ci indicano che sono oltre 500 le scorte assegnate e che impegnerebbero circa 2.500 agenti per un costo complessivo, sopportato dallo Stato, di 250 milioni di euro all’anno, senza calcolare le scorte “occasionali” che impiegano gli agenti sottratti dalle volanti creando, inevitabilmente, un disservizio sul controllo del territorio. Le critiche sull’uso sconsiderato delle scorte si susseguono continuamente perché stiamo parlando di denaro pubblico proveniente – quindi – dalle tasche dei contribuenti. Sarebbe il caso di privatizzare una parte di esse? Crediamo di sì.
In effetti abbiamo già da molto tempo, nel panorama italico, soggetti privati che si occupano di servizi di scorta (o qualcosa di simile) mascherandoli per altro. Sembra che basti chiamare una cosa in modo diverso per evitare di commettere un atto illegale ma è chiaro che si tratta di escamotage grotteschi messi in opera dagli addetti ai lavori tra i quali si confondono e si contrappongono pericolosamente personaggi improvvisati ed esaltati a professionisti affidabili e qualificati. È giunto il tempo di porvi rimedio.
L’Associazione Professionale Investigazioni e Sicurezza da sempre si è fatta carico di stimolare le autorità competenti a prendere in considerazione la possibilità di conferire ai privati tale ruolo studiando e proponendo una petizione precettistica finalizzata ad invogliare il legislatore ad approvare una norma che colmi un vuoto legislativo imbarazzante, istituendo la figura professionale della guardia del corpo (bodyguard), così come prevista – in tanti casi – all’estero.
Non parliamo, naturalmente, delle scorte classificate tecnicamente come di “primo livello” destinate alle massime cariche dello Stato o per persone esposte a pericoli straordinari a causa degli incarichi che ricoprono ma delle scorte di terzo e quarto livello – che riguardano odiernamente quasi 500 personalità. Per tutti costoro si potrebbero immaginare soluzioni diverse, ovvero l’impiego di bodyguard privati, anche per restituire gli uomini delle FF.OO, ivi occupati, al contrasto della criminalità, loro compito primario.
Senza un orientamento di questo tipo da parte del decisore politico, qualora dovessero legalizzare, come ci auspichiamo e come sembra, la figura della “guardia del corpo” si farebbe – comunque – uno sforzo a metà. Il bodyguard nostrano resterebbe, infatti, relegato a servizi di natura minore per non dire frivola e se non fosse concesso loro il porto d’armi finiremmo per coniare l’ennesima norma grottesca. Costoro, spacciati per guardie del corpo, finirebbero per fare da autista a soggetti che non corrono alcun pericolo reale, nulla di più. Sarebbe mortificante e lo spreco di denaro pubblico e di risorse umane appartenenti alle forze dell’ordine continuerebbe.
La professione della guardia del corpo è un lavoro impegnativo e probante che richiede qualifiche elevate. Ci si chiede quali, giustamente. Speriamo si sappia rispondere con una norma che colga i bisogni del mercato generando posti di lavoro, senza agevolare nessuna categoria o rango in particolare.
Certo l’investigatore privato sembra essere la figura che meglio risponde alle caratteristiche che ci si aspetta da questa tipologia di professionisti ma non escludiamo – vi prego – altri soggetti che hanno potenzialità da vendere e sarebbero indubbiamente all’altezza del ruolo.
In Inghilterra – per esempio – se vuoi fare la guardia del corpo devi richiedere una licenza (close protection) rilasciata dalla prestigiosissima S.I.A. (Security Industry Authority) e partecipare ad un corso di formazione organizzato presso un ente accreditato. Saremo capaci di ispiraci agli stessi principi o agevoleremo gli interessi di casta?
Attendiamo il riconoscimento giuridico delle “guardie del corpo” unitamente ad una norma che regolamenti anche i corsi di formazione ad esse rivolti.
articolo a cura di Alessandro Cascio Segretario Nazionale APIS |
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