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I casi di anonimografia

Le possibili applicazioni della grafologia in rapporto all’ anonimografia

Uno tra i più complessi casi che spesso arrivano sul tavolo dell’investigatore è quello legato all'anonimografia.

Pare quasi impossibile che nel 2016 esistano ancora anonimografi che utilizzano, nell'era digitale, due tra gli strumenti più vecchi al mondo: carta e penna. Questo è di per se' un aspetto profondamente interessante che ci dà chiare indicazioni in merito al grado di coinvolgimento dello scrivente il quale, scegliendo la molestia autografa, decide, più o meno consciamente, di lasciare la sua traccia, la sua matrice, ma non e' compito mio, grafologo forense, sviscerare questo importante aspetto.

Quello che mi preme qui illustrare sono le possibili applicazioni della grafologia in rapporto all’ anonimografia. Duplice, ma collegato consequenzialmente, può essere l'apporto del grafologo in questo ambito: dapprima, in sede preliminare, quello “descrittivo” e in una seconda fase quello comparativo.

Mi spiego meglio: quando alla nostra porta bussa una persona che riceve missive anonime, laddove queste presentino date e necessarie caratteristiche in termini qualitativi, il grafologo può aiutare, in taluni casi anche in sinergia con lo psicologo, a delineare le caratteristiche di personalità dell’autore delle missive si sa “circoscrivere" l'ambito di ricerca dell' soggetto.

Ad esempio se l'indagine di personalità ci restituisce il disegno di un soggetto timido, riservato, magari disorganizzato e dall’ intelligenza pratica l'investigatore escluderà dall' ambito di ricerca i soggetti estroversi, ben organizzati con nessuna attitudine pratica. Può sembrare poco, ma se si parte dal presupposto che nella grande maggioranza dei casi l'anonimografo è persona vicina alla vittima, allora ci si rende presto conto di come tali indicazioni possano veramente semplificare l'identificazione del molestatore.

In una fase successiva, identificato un probabile sospetto anche grazie all’ ausilio di altri sistemi d'indagine, si può, reperiti degli scritti autografi del soggetto attenzionato, procedere alla comparazione di documenti in indagine e scritti di pugno del presunto anonimografo al fine di attribuirne o al contrario disconoscerne la paternità anche e soprattutto con finalità giuridiche.

Un suggerimento che posso e voglio dare è quello di educare i clienti: difficilmente il cliente chiede l’intervento dell’investigatore alla prima missiva anonima che gli perviene e raramente quella che ci porta è l’ultima. Educatelo a “capire" immediatamente, guardando semplicemente la busta recapitatagli che normalmente presenta caratteristiche grafo/spaziali costanti e sovrapponibili alle precedenti, d'esser di fronte all’ennesima lettera anonima affinché ve la consegni sigillata. La lettera contenuta è infatti ricca, secondo il principio dell’interscambio di Locard, di altre informazioni in merito al suo autore e, se incontaminata, potrebbe esser sottoposta in sede giuridica ad accertamento dattilosopico…ma di questo vi racconterò nel mio prossimo articolo.

di Cristina Sartori – www.grafologoperitale.it
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