Intorno alla parola e al concetto di famiglia nella cultura popolare ruotano descrizioni e parole legate all’affetto, all’amore, alla condivisione tra individui uniti dal legame di sangue e di sentimento. Famiglia è equilibrio, è giustizia, è serenità; ma osservando i dati E.U.R.E.S. – istituto di ricerca impegnato nella promozione e realizzazione di attività di studio, di formazione e di analisi applicata in campo economico, sociale e culturale – i delitti tra le mura domestiche e all’interno dello stesso nucleo familiare sono al primo posto con il 31,7% del totale nazionale. Il fenomeno è in netto aumento e continua ad essere protagonista nel Nord Italia, seguito dal Sud e dal Centro.
Il luogo sicuro in cui trovare riparo dalle difficoltà e dagli stress del mondo esterno si materializza improvvisamente in una scena del crimine. La propria abitazione nella società moderna non è più un rifugio ma il luogo in cui è più probabile essere uccisi, per mano di colui che ci è più vicino.
Il nostro compagno, nostro marito, i nostri genitori.
Ma perché un marito ammazza la moglie? Come può un padre uccidere il figlio, o un ragazzo assassinare i genitori o sterminare l'intera famiglia? E cosa spinge una madre a sopprimere una vita che lei stessa ha appena generato?
È chiaro che esistono delle specifiche patologiche legate a scompensi psichiatrici, ma questa non deve essere l’unica prospettiva per analizzare tali fatti delittuosi poiché, spesso, la genesi che determina l’atto finale è una comunione degli input che provengono dalla vita quotidiana.
Le vittime del parenticidio sono principalmente ex coniugi o ex conviventi dell’autore. Il secondo gruppo di omicidi familiari riguarda la relazione genitori/figli ed infine troviamo le altre relazioni di parentela, tra le quali il dato di maggiore interesse riguarda i fratricidi. L’analisi dei movimenti dei delitti familiari rileva una prevalenza degli omicidi derivanti da liti e dissapori. Al secondo posto si colloca il delitto passionale che, anche nel 2015, risulta il reato principe diffuso prevalentemente al settentrione.
Con la globalizzazione il concetto di famiglia sta mutando e non ci porta più all’unione degli agenti sociali ma si basa sull’individualità. L’Italia, fortemente caratterizzata dalla tradizionalità è travolta dal cambiamento, facendo cedere uno dei pilastri della propria cultura.
L’insoddisfazione e la sofferenza porta a proiettare la famiglia come luogo preferito in cui e su cui scaricare l’aggressività. La difficoltà esistenziale nella gestione quotidiana porta gli individui ad una continua tensione, dovuta anche alla fortissima competitività su cui si basano molti rapporti sociali e lavorativi. Il successo ad ogni costo e senza scrupoli imposto dai modelli culturali, costringe l’individuo a muoversi in una realtà difficile da affrontare e a far fronte ad una famiglia incapace di fornire certezze e stabilità.
Ad oggi possiamo dire che gli omicidi in Italia sono circa mille ogni anno: tre al giorno circa e di questi il 35,3% è avvenuto all’interno della famiglia, che rappresenta il primo tra gli ambienti in cui matura questo crimine. Molti omicidi sono macchiati ancor di più dalla crudezza e dalla violenza perché passano inosservati, dentro le aule di giustizia e nella mente di chi subisce un lutto per una morte inaccettabile.
Quando i crimini accadono all’interno del nucleo familiare, i confini della famiglia si spezzano, lo stesso concetto di famiglia va in frantumi. Semplicemente, si perde il ruolo fondamentale di guida e l’emotività legata a questo valore si scioglie come neve al sole per dare spazio alla sua fragilità.
di Jessica Occhipinti – www.jessicaocchipinti.it
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