Le società moderne si caratterizzano per conflitti frequenti tra norme di diversi gruppi dovuti alla differenziazione sociale e allo sviluppo di subculture.
Nell’opera “Culture, conflict and crime” Johan Thorsten Sellin afferma che determinati reati vengono commessi quando si verifica un conflitto di norme sociali, cioè quando “regole di condotta più o meno divergenti regolano la situazione di vita specifica nella quale può trovarsi un individuo“.
L’autore elabora un modello interpretativo per spiegare il coinvolgimento di alcuni immigrati americani della prima metà del XIX secolo in attività criminali, postulando che la deriva verso la criminalità sia dovuta al conflitto tra i valori portati dagli immigrati -radicati nei loro paesi d’origine- e quelli propri invece del paese di accoglienza.
Può capitare che un soggetto che abbia delle regole proprie si scontri successivamente con le regole di un paese diverso dal suo. La contrapposizione di sistemi culturali differenti crea uno sbandamento dell’individuo e causa il venir meno dei parametri regolatori della condotta sociale. Un soggetto inserito in un sistema culturale nuovo subisce uno scontro tra i propri valori e quelli del sistema ospitante.
Un esempio è la bigamia che per i musulmani rappresenta uno status sociale mentre in Europa è reato. In tale situazione di conflitto l’individuo non sa quale sia la norma da rispettare e può porre in essere comportamenti non conformi al contesto sociale.
Nelle società culturalmente omogenee vi è una tendenza all’armonia e all’integrazione: le norme di condotta diventano quindi leggi e godono di un consenso generale. Invece, nelle società moderne e complesse, i conflitti fra le norme dei diversi gruppi diventano frequenti. A tal proposito, l’autore individua due tipi di conflitti: i conflitti primari e i conflitti secondari.
I conflitti primari si verificano tra due culture diverse, quando norme relative a codici diversi entrano in contatto alla frontiera di zone di culture contigue oppure quando un gruppo conquista un altro e impone le proprie norme .
I conflitti secondari invece si verificano tra culture minori esistenti all’interno di una cultura più vasta di riferimento (subculture), quando le persone che vivono in una determinata zona tendono a creare un proprio nucleo di valori e delle proprie norme di condotta che possono distanziarsi da quelli del contesto sociale di riferimento creando conflitti.
Questa teoria, è stata fortemente utilizzata per spiegare l’alto tasso di criminalità tra gli immigrati aprendo una discussione sui cosiddetti “reati culturalmente motivati” ovvero quei reati commessi da un soggetto appartenente ad una cultura di minoranza giustificati nel loro gruppo di appartenenza, ma considerati penalmente rilevanti dall’ordinamento giuridico del gruppo culturale di maggioranza.
In realtà Sellin notò che il tasso di criminalità fatto registrare dagli immigrati non era maggiore rispetto a quello degli autoctoni ed evidenziò come il tasso di criminalità fosse maggiore tra gli immigrati di seconda generazione rispetto alla prima generazione. Questo perché negli immigrati di seconda generazione il conflitto normativo era ancora più forte, non avendo avuto il tempo e il modo di interiorizzare le norme della cultura originaria, non potendosi quindi ancorare ad esse come invece hanno fatto gli immigrati di prima generazione. Per loro questo conflitto è un conflitto latente e quotidiano, che crea quindi una maggiore devianza.