IL MAGAZINE DEDICATO ALLE
INVESTIGAZIONI & SCIENZE FORENSI

di:  

Il caso Bonnett e la nascita del sistema AFIS per le impronte digitali

Il dipartimento di polizia di Omaha, Nebraska, nel 1978 si trovò alle prese con un caso più grande di lui, un caso che nel tempo insegnò agli americani l’importanza di avere un archivio centralizzato delle impronte digitali.

Carroll Bonnet, 61 anni, un impiegato dell’ospedale locale, era stato assassinato quell’anno. Ma si brancolava nel buio. La scena del crimine era sottosopra, quello che se ne ricavava erano solo alcune impronte digitali e di palmo di mano, in bagno, lasciate al momento di lavarsi. E un biglietto lasciato dall’assassino: “Sto andando via da questo crimine con un’impronta. Trovatela, se siete capaci. Crepate, maiali“. Mancava l’auto della vittima: l’assassino l’aveva usata per scappare in Illinois. Quando la trovarono e la spennellarono, all’interno c’erano altre impronte, che coincidevano in parte con quella in casa della vittima. Alla fine c’erano solo le impronte: non restava che spedirle a tutti i dipartimenti del Nebraska e incrociare le dita. Ma non accadde nulla. Il caso restò irrisolto.

All’epoca (e anche adesso) non era facile far collaborare la polizia di Stati diversi, in America. Il caso Bonnet finì così nel dimenticatoio. Ma nel 2008 in Florida qualcuno se ne ricordò, quel cold case era rimasto sul groppone. Ecco che quelle impronte furono affidate al tecnico Laura Casey. Ci vollero 5 ore per fare la prima scrematura col sistema informatico IAFIS (che nel 1978 non esisteva) e, dopo un accorto lavoro durato molti giorni, ecco una risposta: le impronte erano di Jerry Watson. In quel momento l’uomo scontava una pena per furto e scasso in Illinois.

A questo punto si scavò con calma su di lui. Si scoprì che abitava a pochi isolati dalla vittima. Si prelevò il suo dna e lo si confrontò con alcuni reperti tratti dalla scena del crimine: bingo. A ottobre 2011 Watson venne condannato all’ergastolo: il caso era finalmente chiuso.

In Italia si chiama AFIS  e l’acronimo dice tutto: Automated Fingerprint Identification System.  Consultabile  da tutte le Forze dell’Ordine, contiene i cartellini fotosegnaletici redatti da Polizia di Stato e Carabinieri, e consente di superare la vecchia comparazione manuale e ottica tra due impronte per verificarne l’eventuale identità.

Che dava ottimi risultati, ma necessitava di tempi lunghi e in certi casi della straordinaria memoria di operatori che “riconoscevano” un malvivente per averlo già schedato: in pratica, ne avevano memorizzato l’impronta! Oggi da tutt’Italia, accedendo al sistema, le Forze dell’Ordine possono controllare se un’ impronta, rilevata sulla scena del crimine, è presente nel sistema centrale; il che è possibile solo se l’individuo è già schedato per qualsiasi motivo. Alla morte della persona, cioè del pregiudicato, le impronte vengono distrutte.

Tutto l’archivio è conservato presso la Banca dati del Casellario Centrale d’Identità – II Divisione del Servizio Polizia Scientifica.  L’archivio consente di memorizzare non solo le immagini delle impronte digitali, ma anche le fotografie e i dati anagrafici. Ovviamente , però, non basta un algoritmo, per quanto raffinato, ad accusare qualcuno: la corrispondenza va sempre verificata manualmente dagli operatori. L’Afis funziona proprio perché consente di lavorare sulle cosiddette minuzie, cioè i punti caratteristici di ogni impronta. Decine di milioni di impronte sono oggi conservate nell’Afis; e lo stesso fanno le altre polizie europee.

Quando sul tablet della Volante appare la schermata a sfondo nero del sistema e si appone il polpastrello, ad esempio di una persona fermata a un posto di blocco, la risposta è immediata. Ecco, il punto è questo: Afis non serve solo a trovare l’assassino, ma anche a svolgere una valida attività di prevenzione. La rapida condivisione delle informazioni con le altre polizie europee, infatti, è sinonimo di un efficace contrasto sia all’immigrazione clandestina che al terrorismo internazionale.

Oggi l’Afis è un sistema su cui il Ministero dell’Interno punta; e infatti è stato potenziato e sviluppato attraverso il Fondo Sicurezza Interna 2014-2021.  

Foto di Immo Wegmann su Unsplash

CONDIVI QUESTO ARTICOLO!

Iscriviti alla newsletter

    La tua email *

    Numero di cellulare

    Nome *

    Cognome *

    *

    *

    Inserisci sotto il seguente codice: captcha