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Il contratto di lavoro a tempo determinato

Contratto a tempo determinato: significato,  principio di non discriminazione e casi di inammissibilità

Il contratto di lavoro a tempo determinato è un contratto di tipo subordinato che prevede l’apposizione di un termine o durata prestabilita, al cui verificarsi il rapporto di lavoro si intenderà automaticamente concluso.

Tale accordo si contrappone, conseguentemente, al contratto di lavoro a tempo indeterminato, privo di una data di scadenza o termine di risoluzione contrattuale.

L’inserimento di una data dovrà, a pena di nullità, risultare da atto scritto. La forma scritta non sarà necessaria per lo svolgimento di  attività lavorative non superiori a dodici giorni.

Il contratto a termine può essere concluso nei confronti di qualsiasi categoria di lavoratore e per qualunque attività.

La durata del contratto di lavoro determinato

L’art. 19 del Decreto Legislativo n. 81/2015 definisce la durata massima del contratto di lavoro a tempo determinato.

 Nello specifico, siffatto  contratto  ha una durata limitata, non superiore a dodici mesi.

Il termine contrattuale può essere rinnovato o raddoppiato fino a ventiquattro mesi, solamente, al verificarsi di una delle successive circostanze: condizioni momentanee, nonché  provvisorie e oggettive, inserimento lavorativo per sostituzione di altro lavoratore e per incrementi transitori e non prefissati dell’attività ordinaria.

Pertanto, la durata dei rapporti di lavoro a termine non può superare i ventiquattro mesi per attività lavorative aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale.

Nell’eventualità che il termine ultimo dei ventiquattro mesi sia stato superato, in conseguenza di un unico o di una serie di contratti, l’accordo si trasformerà in un contratto a tempo indeterminato.

Secondo quanto stabilito dall’art. 21 del D.Lgs. n.81/2015, la proroga del contratto necessita del consenso del lavoratore e può essere esercitata fino ad un massimo di quattro volte nell’arco dei ventiquattro mesi.

Qualora il numero delle proroghe risulti superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

Ad ogni datore di lavoro, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, è consentito assumere un numero di lavoratori a tempo determinato non superiore al 20% rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato (art. 23 del D. Lgs. n. 81/2015).

Tali limiti non dovranno essere rispettati dalle imprese start-up per il periodo di quattro anni dalla nascita della società, per l’avvio di nuove attività con riferimento a specifiche aree geografiche e settori merceologici, per l’espletamento di attività stagionali, per lavoratori di età superiore a 50 anni e in relazione a determinati programmi radiofonici o televisivi.

Il lavoratore che ha prestato la propria attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza (art. 24, D.Lgs. n.81/2015) per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi.

Il diritto di precedenza può essere esercitato, solamente, previa manifestazione scritta da parte del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, entro un anno dalla dato di cessazione del rapporto lavorativo.

Il principio di non discriminazione per i contratti a termine

Il lavoratore a termine, in assenza di incompatibilità, ha diritto al medesimotrattamento economico e normativo previsto per i lavoratori a tempo indeterminato di tipo comparabili, ovverosia, quelli inquadrati nel medesimo livello in base a criteri stabiliti dai contratti collettivi.

Se il datore di lavoro opera in violazione del principio di non discriminazione è punito con il pagamento di una sanzione amministrativa fino a 1.032,91 euro.

Quando non è possibile stipulare un contratto a termine?

L’art. 20 del citato decreto,  analizza i casi in cui non può essere stipulato un contratto a tempo determinato.

Nello specifico, l’apposizione di una data di scadenza non è ammessa per sostituire dipendenti in sciopero. Oltre ciò, il divieto si estende anche ad aziende, all’interno delle quali si siano verificati, per lavoratori impegnati alle stesse  mansioni, licenziamenti collettivi entro i sei mesi precedenti.

Inammissibile l’inserimento di un termine anche presso unità produttive in cassa integrazione guadagni, in cui si sia verificata una sospensione o riduzione dell’orario lavorativo e per datori di lavoro privi di valutazione dei rischi per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

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