Salvatore Corigliano è stato ucciso nel gennaio del 1999 nella sua edicola in zona San Siro a Milano. L’assassino non è mai stato identificato. Un cold case che prosegue da 25 anni.
C’era la guerra a Milano un quarto di secolo fa, nel gennaio del 1999. Come se i petardi di Capodanno si fossero trasformati in spari. Una guerra strana, improvvisa, ancora senza un perché. Nove omicidi nei primi nove giorni del calendario, quasi tutti omicidi in strada.
Scoppia l’inevitabile putiferio politico e mediatico, forse per la prima volta il tema della sicurezza viene agitato come bandiera per il facile consenso elettorale. Si invoca l’esercito in strada.
In quella guerra metropolitana inattesa, quasi un rigurgito con vent’anni di ritardo degli anni di Piombo, tra le vittime c’è Salvatore Corigliano, 27 anni, titolare di un chiosco di un’edicola nel popolare quartiere di San Siro, in piazza Esquilino, zona allora problematica tra degrado, prostituzione e spaccio.
Salvatore Corigliano e l’omicidio dell’edicola
“L’omicidio dell’edicola“, titoleranno così i quotidiani nei giorni successivi. Sarà questa l’etichetta mediatica di questo cold case, un caso di omicidio diventato gelido come quella quarta mattina dell’ultimo anno del vecchio millennio.
Mancano due minuti alle sei e trenta. Salvatore è già al lavoro da almeno un’ora, i corrieri con i quotidiani arrivano alla spicciolata. Il giovane commerciante si è alzato due ore prima, ha avuto un intoppo, uscendo di casa ha dimenticato i soldi per il fondo cassa, ma un collega lo ha aiutato portandogli duecento mila lire.
Fa freddo. Salvatore sta all’interno del chiosco, dove ha la linea telefonica fissa, oltre al cellulare in tasca. Mentre serve un cliente è al telefono con un’amica: il cliente sente che la saluta con un confidenziale ‘ciao’ mentre gli allunga distratto il quotidiano e le monetine del resto. Un gesto automatico.
Allora, con l’informazione sul web ancora agli albori, senza canali all news, la tappa in edicola di prima mattina era un rito per decine di migliaia di milanesi, per cui le edicole alle sei erano già aperte, quando la città si svegliava, e frequentate quanto i bar dove fermarsi per l’espresso. Eppure quella mattina non passa nessuno dopo quel cliente per alcuni minuti. Solo l’assassino.
L’amica al telefono sente Salvatore dire al cliente che ‘no, non è ancora arrivato’, tipica frase riferita ad un quotidiano o un periodico ancora non disponibile. Poi un urlo con tre ‘no’ consecutivi.
L’amica dall’altra parte della cornetta forse si allarma ma non comprende, riattacca, solo dopo a posteriori capirà che quei tre no erano rivolti all’assassino che estraeva una calibro 38 per fare fuoco.
Tre colpi. Uno al braccio, nel tentativo del ragazzo di farsi scudo, gli altri due letali al torace e alla testa. Una vera esecuzione.
La pistola non può montare il silenziatore, eppure quei colpi che echeggiano forte non li sente nessuno. Peraltro Salvatore non muore subito, resiste per due giorni in coma prima di arrendersi in ospedale.
I testimoni del delitto
Un minuto dopo le sei e trenta arriva un altro cliente, non vede nessuno nel chiosco, chiama l’edicolante poi lo vede a terra all’interno, in un lago di sangue, con la cornetta del telefono ancora in mano.
Salvatore è morto così, mentre stava parlando al telefono, senza allarmarsi.
I due testimoni, l’ultimo cliente è quello che arriva dopo il delitto, forniranno la sommaria descrizione di un uomo sulla quarantina, basso di statura, intravisto nei dintorni dell’edicola, ma è una pista che non porterà a nulla.
Salvatore Corigliano, un bravo ragazzo
Il ritratto postumo che gli investigatori meticolosamente tracceranno di Salvatore Corigliano è quello del perfetto bravo ragazzo ben voluto da tutti.
Mai un guaio, tanti amici e nessun nemico, impegnato nel volontariato nell’oratorio, attore di teatro amatoriale, metà degli esami sostenuti a Ingegneria prima di ibernare gli studi e di tentare l’avventura commerciale rilevando quell’edicola di quartiere.
Non aveva preoccupazioni o paure, quella mattina per lui era una come tante.
Un delitto passionale?
La pista privilegiata inizialmente sembra essere quella del delitto passionale. Salvatore è fidanzato, è un bel ragazzo, piace alle donne.
Ad una in particolare, che lo cerca con insistenza, i tabulati telefonici evidenziano centinaia di telefonate nell’ultimo mese, inclusa quella mattina alle 6 e 26: era lei l’amica dell’ultima telefonata.
Il suo compagno dell’epoca ha avuto problemi di droga e con la giustizia, viene definito come uno geloso, ma sembra estraneo alla vicenda. Verranno sottoposti a tutti gli approfondimenti e scagionati.
Una punizione dai protettori?
Una voce che circola nel quartiere è che Salvatore, ragazzo coraggioso, abbia preso a cuore il destino di una ragazza di strada che batte nella zona di piazza Esquilino, un’albanese, una schiava del racket della prostituzione.
Sono ambienti pericolosi. Gira voce che i protettori avessero chiesto 50 milioni di lire per liberarla dal marciapiede, una cifra importante.
Anche la pista del racket del lucciole viene battuta a fondo, ma senza arrivare a niente.
Lettere e telefonate anonime
In questo giallo irrisolto non mancano delatori misteriosi e mitomani.
Al quotidiano milanese il Giorno arriva una lettera anonima di un testimone che vuole restare nell’ombra, ma fornisce dettagli sull’omicidio e indica un uomo da cercare, descrivendolo sommariamente. Viene invitato a farsi avanti ma sparisce nel nulla.
Qualche giorno dopo un altro anonimo, uno dei tanti che chiamano in quei giorni il centralino in Questura, rivolgendosi alla Mobile, anche lui fornisce dettagli combacianti con la lettera inviata al Giorno, forse è la stessa persona.
Viene anche indicato un nome, di un pregiudicato della zona di Baggio, soprannominato ‘Caniggia’, verranno effettuati tutti i riscontri ma anche questa pista investigativa non porterà a nulla.
La riapertura delle indagini
Scartata la rapina, perché il fondo cassa di alcune centinaia di migliaia di lire non era stato toccato, resta l’ipotesi di uno scambio di persona.
Ma chi ha ucciso Salvatore ha sparato tre colpi guardandolo in faccia, dopo averci parlato, sapendo chi era il gestore di quell’edicola.
Da alcuni mesi la Procura di Milano ha deciso di riaprire le indagini: la sorella della vittima dopo un quarto di secolo non ha mai smesso di chiedere giustizia per questo 27enne.