Pablo Trincia, autore televisivo e giornalista italiano, ha pubblicato di recente il suo nuovo podcast “Il disastro di Rigopiano e poi il silenzio” sulla tragedia avvenuta all’hotel di Rigopiano il 18 gennaio 2017. Questo tragico evento, in cui persero la vita 29 persone, causò il maggior numero di morti per valanga in Europa, dopo la valanga di Galtür avvenuta nel 1999. Ripercorriamo in breve quanto accaduto.
Il disastro di Rigopiano: cosa successe il pomeriggio del 18 gennaio 2017
La tragedia di Rigopiano è una delle catastrofi naturali più terribili che abbiano mai colpito l’Italia e l’Europa. Intorno alle 17.00 del 18 gennaio 2017, una valanga di grandi proporzioni si staccò dalle pendici del massiccio orientale del Gran Sasso, per imboccare un canalone e colpire a una velocità superiore ai 100 km orari l’albergo Rigopiano-Gran Sasso Resort, nel comune di Farindola. L’impatto fu tremendo: delle 40 persone presenti all’interno della struttura 29 persero la vita, mentre 11 si salvarono.
Nei giorni antecedenti al tragico evento, l’Abruzzo era stato colpito da forti nevicate, che avevano causato disagi in varie località della regione. L’allerta era alta e il maltempo aveva bloccato l’unica strada che collegava l’hotel con il fondovalle. Quando la valanga colpì e distrusse l’albergo, il primo allarme fu lanciato da Giampiero Parete, che chiamò immediatamente i soccorsi. Inizialmente, i soccorritori pensarono si trattasse di un falso allarme e arrivarono in zona solo all’alba del giorno successivo.
Le prime persone estratte dalle macerie di neve e detriti furono Giampiero Parete e Fabio Salzetta, che al momento dell’accaduto si trovavano fuori dalla struttura. Il 20 gennaio, ossia due giorni dopo, i vigili del fuoco estrassero nove superstiti: 5 adulti e 4 bambini. Gli ultimi due sopravvissuti alla tragedia furono ritrovati dopo ben 62 ore dalla caduta della slavina. Il 26 gennaio le operazioni di soccorso si conclusero, stabilendo il decesso di 29 persone.
Le testimonianze dei sopravvissuti
Una sopravvissuta della tragedia di Rigopiano, Francesca Bronzi, ha raccontato in seguito: “Ho sentito come una specie di bomba. Una cosa che è esplosa, perché ricordo che mi è arrivato addosso tutto quello che era nel camino. E poi ricordo di essere volata insieme alla poltrona”.
Giampaolo Matrone, una delle ultime persone a salvarsi, ha descritto così quello che ha vissuto: “È arrivato come quando arriva la metropolitana, ma 100 metropolitane tutte quante insieme. Una bordata di vento, vento forte che mi prende da sotto e mi fa volare. Ho provato ad aggrapparmi con le mani, ma non ho trovato niente e ho sentito una bomba. Proprio un’esplosione. Stop. Silenzio”.
Fabio Salzetta, altro superstite, ha raccontato: “Non c’era rimasto più niente. Completamente bianco. L’hotel non c’era più davanti a me. Si vedeva solo la neve. Ho cominciato a camminare, quando ho visto la punta di un albero conficcato in una stanza dell’hotel, spostata di 20, 30 metri in avanti. Mi sono voltato verso la montagna e c’era tutto quel canalone bianco. E lì ho capito che era stata una valanga”.
L’inchiesta giudiziaria
In seguito all’accaduto, la Procura di Pescara aprì un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità rispetto alla tragedia. Sulla vicenda imperversavano il presunto ritardo dei soccorsi, le mancanze organizzative da parte delle istituzioni locali e l’effettiva idoneità della struttura.
Il 23 febbraio 2023, sei anni dopo la tragedia, il Tribunale di Pescara ha pronunciato la prima sentenza per il disastro dell’hotel Rigopiano. Gli imputati erano trenta, tra cui l’albergatore che non aveva chiuso la struttura nonostante le avverse condizioni climatiche, e il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, accusato di non aver garantito la pulizia delle strade. L’accusa aveva chiesto 26 condanne, per un totale di oltre 151 anni di reclusione, tra cui 12 anni per l’ex prefetto Francesco Provolo e 11 anni per Ilario Lacchetta. Altri imputati includevano dirigenti della Provincia e della Regione, con pene richieste fino a 10 anni. In quell’occasione, il Tribunale di Pescara assolse 25 imputati su 30.
A un anno di distanza, la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato 22 assoluzioni. Otto, invece, le persone condannate. Tra queste, le condanne inflitte in primo grado per Lacchetta, per i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, per il tecnico Giuseppe Gatto e per l’ex gestore dell’hotel Bruno Di Tommaso. Le altre tre condanne riguardano Francesco Provolo, Enrico Colangeli, tecnico comunale di Farindola, e Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara.