La Cassazione ha rigettato un licenziamento disciplinare in quanto controllare un lavoratore mentre svolge la propria attività non spetta all’investigatore privato, bensì al datore di lavoro
Con la sentenza 15094/2018 la Corte di Cassazione ha annullato un licenziamento disciplinare poiché ritiene illegittimo che un investigatore privato possa controllare se un lavoratore svolge le proprie mansioni in modo corretto oppure no. Tale incarico infatti spetta esclusivamente al datore di lavoro o ai suoi diretti collaboratori, come recita per l’appunto l’articolo 3 dello Statuto dei lavoratori.
Il caso in esame risale al 2009 quando un ispettore di cantiere viene licenziato dalla propria azienda perché sorpreso a svolgere in modo inappropriato il compito per il quale è stato assunto. L’azienda infatti, si era affidata ad un’agenzia di investigazioni private per sorvegliare l’operato del dipendente e verificare se i propri sospetti fossero fondati o meno. La relazione dell’investigatore privato aveva confermato i dubbi del datore di lavoro e così il lavoratore è stato licenziato in quanto erano venuti meno i “doveri di diligenza” e gli “obblighi di fedeltà” verso l’azienda. L’ex dipendente a quel punto ha presentato ricorso, ma dopo aver vinto in primo grado ha perso l’appello. La Cassazione però ha definitivamente ribaltato il verdetto, dando ragione all’ex ispettore.
La Corte Suprema ha precisato infatti che “la vigilanza tramite agenzia investigativa deve necessariamente limitarsi agli atti illeciti del lavoratore che non siano riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione lavorativa”, perciò non deve sconfinare nell’attività lavorativa vera e propria. Il discorso è valido tanto per quei lavoratori che svolgono i propri compiti all’interno dell’azienda, tanto per quelli che li svolgono all’esterno, come nel caso dell’ex ispettore di cantiere. Viceversa, è legittimo per un’azienda avvalersi del supporto di un investigatore privato quando il dipendente compie “mancanze specifiche” o “penalmente rilevanti” (come ad esempio vendere un prodotto e rubare la somma incassata). Altresì è consentita l’attività investigativa fuori dall’orario di lavoro, quando vi è il sospetto che il dipendente violi il divieto di concorrenza (svolgendo un’attività extralavorativa) o, come accade sempre più spesso, faccia un uso improprio dei permessi della legge 104.