Con un’ordinanza del 1° marzo scorso, la Corte Suprema ha stabilito quando le indagini sui lavoratori sono da considerarsi legittime o, al contrario, violano il diritto alla privacy altrui
Quello delle investigazioni private sui dipendenti è un tema molto dibattuto. Infatti, sempre più aziende si rivolgono a un’agenzia investigativa per verificare se un lavoratore, attraverso comportamenti illeciti, gli stia recando danno o meno. L’elevato numero di sentenza emesse dalla Cassazione nell’ultimo periodo ne sono la prova schiacciante. In questo senso, la Corte Suprema ha definito alcune regole per stabilire quando le indagini sui dipendenti sono da considerarsi legittime e quando invece violano il diritto alla privacy altrui.
Secondo quanto emerso dall’ultima sentenza del 1° marzo scorso, i giudici hanno dichiarato che un’azienda può rivolgersi a un investigatore privato per controllare un proprio dipendente soltanto se le indagini vengono effettuate in luogo pubblico (perciò non in azienda o a casa del lavoratore) e per fatti estranei alla prestazione lavorativa, fuori dall’orario di servizio (ad esempio per i casi di assenteismo o abuso della legge 104).
In merito, la Cassazione ha precisato che i controlli effettuati sui lavoratori per verificare possibili inadempimenti nelle mansioni svolte o comportamenti inadeguati durante l’orario di lavoro sono vietati, in quanto violano il diritto alla privacy. Lo stabilisce l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori che vieta “l’utilizzo di impianti audiovisivi e di altri strumenti che possano comportare il controllo a distanza dell’attività lavorativa”. Tuttavia, se i controlli servono a garantire la sicurezza del lavoro (da eventuali pericoli interni o esterni) e la tutela del patrimonio aziendale, il servizio di sorveglianza è da considerarsi legittimo, previo accordo con le rappresentanze sindacali o con l’Ispettorato del lavoro. Con questa specificazione, la Corte Suprema legittima l’attività investigativa nel caso essa sia rivolta alla prevenzione di eventi pericolosi (quali ad esempio gli incendi) o al contrasto di attività illecite (furti, etc…).
La Cassazione ha inoltre sottolineato che le investigazioni private sui dipendenti sono legittime nel momento in cui i comportamenti del lavoratore possano “configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente”, in sintesi che arrechino un danno evidente all’azienda. È il caso di un dipendente che si allontanava ripetutamente dal luogo di lavoro, durante l’orario di servizio e senza timbrare il badge in uscita. In questa occasione, il lavoratore è stato seguito “in strada” (quindi in luogo pubblico) per verificare il motivo degli spostamenti e, una volta dimostrata la mancanza agli obblighi lavorativi, è stato licenziato in tronco.