La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15094 dell’11 giugno scorso ha tracciato la linea di confine tra legittimità e illegittimità delle investigazioni private sui lavoratori
Con la sentenza n. 15094 dell’11 giugno 2018, la Corte Suprema ha chiarito i casi in cui l’attività investigativa effettuata sui dipendenti può considerarsi legittima o meno. La Cassazione ha infatti stabilito la leicità per un imprenditore di avvalersi di una società di investigazioni private “per la tutela del patrimonio aziendale o per accertare mancanze specifiche da parte dei lavoratori”, purché l’attività investigativa non sconfini nella verifica delle inadempienze dei dipendenti nello svolgimento delle proprie mansioni.
Questo significa che l’impiego dei detective privati è da considerarsi legittimo esclusivamente fuori dalle mura aziendali e quando l’orario di lavoro è terminato (ad esempio per verificare se l’attività extra-lavorativa svolta dal dipendente violi il divieto di concorrenza o per accertare l’utilizzo improprio dei permessi della legge 104). In tal caso, l’attività investigativa non costituisce una violazione della privacy, fermo restando ovviamente che le indagini non avvengano nei luoghi di privata dimora. Inoltre, nel caso di un esercizio commerciale, la Cassazione ritiene legittimi i controlli eseguiti da un investigatore privato qualora si finga un normale cliente e, senza esercitare poteri di vigilanza, verifichi l’eventuale mancata fiscalizzazione di una vendita da parte del personale preposto. In pratica il detective può controllare, come una qualsiasi altra persona, se il dipendente emette lo scontrino o oppure no.
Viceversa, la Corte Suprema ha stabilito anche il perimetro entro il quale un datore di lavoro non può avvalersi del servizio di un investigatore privato. È il caso delle indagini svolte all’interno del luogo di lavoro per verificare possibili inadempienze da parte dei dipendenti, che spettano invece solamente al datore di lavoro. Infatti, secondo lo Statuto dei lavoratori, gli 007 non possono sorvegliare i dipendenti per “azioni o fatti diversi da quelli relativi alla tutela del patrimonio aziendale stesso”, o meglio non posso verificare se un dato lavoratore svolge bene la sua mansione o meno. Lo stesso discorso vale anche per quei lavoratori così detti “in missione”, cioè che svolgono la propria attività fuori dalle mura aziendali (si pensi ad esempio al settore edile). In tal caso, il controllo viene equiparato a quello all’interno della sede aziendale e, come detto, è vietato dalla legge. Questo tipo di indagini sono possibili solamente in casi specifici, in cui vi sia ipotesi di reato da parte del lavoratore, come ad esempio “l’esercizio di attività retribuita in favore di terzi durante l’orario lavorativo”.