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La cultura dello stupro e il consenso: il lupo cattivo e la vittimizzazione secondaria

Lo stupro di Palermo continua a far discutere. E’ stata un’estate di violenza sulle donne. Perché si tende ancora a colpevolizzare le vittime?

“Con l’espressione ‘violenza nei confronti delle donne’ si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata.” Art.3 Convenzione di Istanbul

Quanto è difficile parlare di violenza? E come si descrive o si narra con un linguaggio non adatto o poco consono al tema? Questa estate ha visto, purtroppo, una serie di femminicidi e casi di cronaca che hanno coinvolto non solo donne, ma anche ragazze giovanissime vittime di qualsiasi forma di violenza. Sono aumentate le molestie e le paure che donne, anche le più indipendenti, mostrano quando si trovano ad uscire dopo un certo orario.

Non sentirsi tranquille e aver paura.

Non sono solo i numeri ad aumentare, un dato particolare riguarda proprio l’età di chi commette una violenza, degli uomini maltrattanti e delle vittime. Sempre più minorenni, sempre più giovani e sempre più violenze sessuali. Dal mese di giugno al quattro settembre – data dell’ultimo femminicidio–  sono state uccise già 14 donne, 79 dal mese di gennaio 2023.

La violenza di gruppo: crudeltà e eccesso di goliardia

Nella notte tra il 6 e il 7 luglio a Palermo, un gruppo di ragazzi stupra una giovane ragazza e riprende l’atto sessuale. La circostanza da subito si diffonde attraverso i social mostrando, in modo crudele e anche diffamatorio, la tipologia di violenza e la crudeltà subita dalla ragazza.

Una vicenda che fin da subito, in seguito alla denuncia della vittima, ha rappresentato contorni osceni e al limite della goliardia. La ragazza viene infatti trascinata da sette coetanei in un casolare abbandonato e a turno violentata, complice anche il fatto che la stessa fosse alterata dall’alcol e impossibilitata a comprendere cosa stesse succedendo. Dai seguenti messaggi però, viene fuori che la ragazza più volte ha detto “basta” svenendo dal dolore e probabilmente della possenza di sette uomini su di lei. Chat che non meritano di essere riportate e che sono state ben condivise nei precedenti mesi. La vicenda è ancora lunga e dolorosa, in quanto la ragazza qualche giorno fa è intervenuta su Istagram chiedendo rispetto. Un esempio coerente e concreto della vittimizzazione secondaria.

Chi di noi può comprendere cosa sta passando? Nessuno. È difficile comprendere e capire i traumi che una violenza lascia, in modo particolare in casi come questi nei quali la vittima è una ragazzina e il suo corpo violato in maniera ossessiva da altrettanti coetanei.

Dopo questa vicenda però, abbiamo assistito anche ad un altro caso questa volta avvenuto a Caivano, all’interno del parco verde, nel quale anni fa venne ritrovato il corpo senza vita della piccola Fortuna Loffredo. Qui, due cuginette, sarebbero state violentate ripetutamente da ragazzi più grandi e forse appartenenti a famiglie della criminalità.

Queste violenze sessuali però, sono state precedute anche da altre vicende avvenute a Milano nel dicembre 2022 e marzo 2023. Mentre scrivo però, altre notizie di cronaca subentrano alle già descritte, tra queste ancora storie di violenza sessuale ai danni di piccolissime ragazze.

La cultura dello stupro: la necessità di un’educazione sessuale e il problema del consenso

Quando una donna non viene creduta, quando la colpa ricade su un vestito scollato piuttosto che su un cocktail di troppo, quando si scrutano e osservano con meticolosità i profili social della donna al solo scopo di imbarazzarla o denigrarla, sono tutte rappresentazioni che non dimostrano assolutamente la disponibilità della stessa o il volere consenziente all’atto fisico. Si continua a riproporre l’argomento “consenso” quando si parla di violenza. Ma di cosa effettivamente stiamo parlando? Anche volere un approccio fisico e decidere fino all’ultimo di non concedersi è consenso. Può una donna decidere di non andare più avanti o tirarsi indietro di fronte un rapporto sessuale che non vuole più? Questa è soprattutto una questione di rispetto, di tutela e di educazione. Quando poi si arriva in tribunale, cosa succede? Ci siamo chiesti perché una donna ha difficoltà a denunciare abusi o violenze? Perché preferisce non farlo e tenere tutto per sé, magari soffrendo?

Si è parlato anche di cultura dello stupro, termine coniato dalla letteratura femminista e di gender studies per descrivere una cultura nella quale lo stupro e le altre forme di violenza sessuale sono comuni e alcuni atteggiamenti anche normalizzati. Questo significa che a volte si tende a giustificare e incoraggiare determinati atti fisici e minimizzare le conseguenze del gesto.

La violenza sessuale viene vista non come un qualcosa mirato alla ricerca del piacere e della sessualità ma come un vero e proprio controllo coercitivo e maschilista sulla donna. Un modo per l’uomo di sottomettere quasi come se fosse un oggetto, la donna. Un esperimento di goliardia e di egocentrismo, un concetto ben presente nella mitologia greca e che continua a riproporsi. 

L’attore Rocco Siffredi è intervenuto a tal proposito, chiedendo la possibilità di chiudere i siti porno, accessibili senza discriminazione ai ragazzi, consegnando un’idea di sessualità che andrebbe coadiuvata e spiegata. Oggi non si parla di educazione alla sessualità o educazione all’affettività, siamo troppo impegnati a pensare “tanto non succede a me” eppure gli ultimi casi di cronaca tentano di rovesciare questa medaglia.

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