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Marco Pantani

La doppia morte di Marco Pantani

Nella quarta notte di San Valentino del terzo Millennio, la notte del 14 febbraio 2004, in un residence di Rimini veniva rinvenuto il cadavere di Marco Pantani, deceduto intorno a mezzogiorno. Sono ancora tanti i misteri attorno al decesso del campione.

Marco Pantani, solo un mese prima della sua morte, aveva compiuto 34 anni. Il Pirata, il campione con la bandana che saltava le folle e scalava le vette, forse però era già morto da qualche tempo. Da quando era sceso di sella a soli 33 anni ed era stato inghiottito in una spirale di solitudine e depressione.

La sua morte, quella fisica, venne rapidamente derubricata a decesso per overdose. Ma a distanza di un decennio quella verità giudiziaria traballa…

Però prima di parlare di quella notte di Rimini bisogna fare un passo indietro, di quasi cinque anni.

Il controllo antidoping a Madonna di Campiglio

La mattina che cambia la carriera e la vita di Pantani è quella di sabato 5 giugno 1999.

Il Pirata in maglia rosa ha in tasca la vittoria del suo secondo Giro d’Italia consecutivo: sta dominando, deve solo affrontare quell’ultima tappa dolomitica e poi il giorno successivo la passerella da trionfatore a Milano.

L’anno precedente ha dominato il Giro d’Italia e il Tour de France, vincendoli entrambi come solo Indurain e pochi altri erano riusciti a fare nel ciclismo moderno.

È all’apice di una carriera che ha già nel mirino un altro trionfo annunciato: il successivo Tour de France e poi a seguire anche le Olimpiadi di Sydney del 2000, magari dopo aver fatto il tris al Giro e al Tour!

Ma quella mattina per la maglia rosa cambia tutto: le analisi rivelano un valore dell’ematocrito del sangue oltre la soglia del 50%, soglia oltre la quale i corridori vengono fermati per tutelare la loro salute.

È un valore che misura la fluidità del sangue in base alla concentrazione dei globuli rossi. Pantani ha 51,8%. Per questo viene fermato a scopo precauzionale per due settimane: non si tratta di una squalifica.

Ovviamente la sua corsa finisce lì, ad un passo dal secondo trionfo, quando dominava con 5’38” da un Paolo Savoldelli che arrancava alle sue spalle (e che poi rifiuterà di indossare la maglia rosa nella tappa dolomitica) e di 6’12” da Ivan Gotti che poi conquisterà la corsa.

Non è una positività al doping, non c’è nessuna squalifica. Ma il messaggio che passa mediaticamente è quello e Pantani crolla, schiacciato da una popolarità da rockstar che diventa un macigno di pressione insostenibile per il ragazzo di Cesenatico.

Che quel pomeriggio, tornando a casa, si sottoporrà all’ospedale di Imola ad un nuovo test che indicherà un valore del 48%, perfettamente a norma.

Il 1999 di Pantani si chiude così. E anche la sua carriera, a soli 29 anni, anche se il Pirata tornerà un anno dopo a vincere due tappe del Tour de France, battendo Armstrong, in un illusorio canto del cigno.

Le tante inchieste del 2000

A sgretolare il Pirata, dall’inverno 1999, sono le tante inchieste per il presunto reato di frode sportiva in cui viene tirato dentro da una decina di Procure italiane, che seguono filoni per doping legati ad altri corridori o anche ad altri sport, che indagano medici sportivi o dirigenti.

Lo tirano dentro con avvisi di garanzia, perquisizioni ecc, con titoloni sui giornali e dubbi nazional-popolari sulle sue precedenti grandi vittorie e sulla trasparenza di un ciclista che però non verrà mai trovato positivo ad una sostanza dopante e non subirà mai una squalifica da corridore, a differenza di molti rivali.

Il Pirata crolla a livello sportivo, il ragazzo Pantani crolla con lui, in una malinconia a discesa fino al giugno 2003, quando l’ormai ex campione scende di sella e non ha più una squadra a soli 33 anni, a sei mesi dalla sua discesa nel baratro che lo porterà alla notte di Rimini.

Marco Pantani è stato fermato dalla Camorra?

Soltanto alcuni anni dopo la sua morte iniziano a prendere forma le ipotesi di un complotto malavitoso contro Pantani, un complotto legato al business miliardario delle scommesse in nero gestite dai boss campani.

Sarebbe stata la Camorra, per farci miliardi sulle scommesse clandestine, a farlo ‘cadere’ ad un passo dal trionfo.

Il primo a raccontarlo è il pluriergastolano Renato Vallanzasca nella sua biografia, dove mette nero su bianco l’aneddoto che in carcere altri detenuti legati alla Camorra gli avevano suggerito di scommettere sui concorrenti del Pirata, che tanto quel Giro non lo avrebbe completato.

Poi nel 2016, in un’inchiesta della Procura di Forlì, arrivano le conferme, con intercettazioni di un boss camorrista che al telefono ricorda come erano riusciti a estromettere Pantani dalla corsa rosa, perché strafavorito per la vittoria. Addirittura si ipotizzarono minacce di morte ad uno degli operatori dei controlli, per alterare il test.

La vicenda della sospensione a Madonna di Campiglio ovviamente non attiene alla morte del campione, quasi 5 anni dopo, ma è la palla di neve che innesca la valanga di veleni, sospetti, inchieste e polemiche che travolgono Pantani e lo annientano prima come sportivo, troncandogli la carriera, e poi come uomo, spingendo verso la depressione e la cocaina negli ultimi mesi di vita.

Una strana overdose

Il referto medico successivo all’autopsia sul suo cadavere certifica un’intossicazione acuta da cocaina e psicofarmaci anti depressivi che che avrebbe provocato un edema polmonare e celebrale conseguente: nel gergo, insomma, un’overdose.

È questa la verità giudiziaria che chiude un’inchiesta rapida con condanne lievi per gli spacciatori che materialmente quel giorno gli avrebbero ceduto la dose fatale: condannati per omicidio colposo, solo per quello. Poca roba.

I veri misteri sulla morte di Pantani emergono solo negli anni successivi alla commozione e allo stupore per la sua fine prematura, quando l’onda emozionale arretra ed emergono i dubbi.

Intanto Pantani, deceduto intorno a mezzogiorno, aveva chiesto al portiere, circa due ore prima, di chiamare i carabinieri.

La sua stanza, dove il portiere salirà intorno alle 21, è bloccata da un mobile messo di traverso dietro la porta ed è totalmente devastata. Il cadavere di Pantani, riverso a testa in giù, presenta lividi sul volto compatibili ad un pestaggio.

Stonano poi una serie di elementi: nella stanza non c’è droga, c’è del cibo cinese (ma Pantani non lo mangiava) e ci sono indumenti che il corridore, partito quattro giorni prima da Milano, secondo il taxista che lo ha caricato non aveva portato, non avendo zaini o borse.

Il sospetto è che qualcuno lo possa aver raggiunto in quei quattro giorni riminesi, che in quella stanza ci fosse qualcuno al momento della morte e che la devastazione (attribuita alla sua furia per la mancanza di droga) sia stata operata dai suoi assassini.

Ma nel residence, poi abbattuto qualche anno dopo, non ci sono telecamere e nessuno ha visto nulla. La madre di Marco si è sempre battuta per avere giustizia. Ma intanto sono passati 19 anni da quella notte…

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