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La giustizia riparativa: i principali strumenti di applicazione

La giustizia riparativa non è rimasta solo sulla carta, ma la Riforma Cartabia ha previsto che venga calata in un contesto reale al fine di rendere pienamente operative le finalità che si propone. La mediazione è lo strumento d’eccellenza per conseguire questo scopo.

Il potenziale della giustizia riparativa

La giustizia riparativa ha un potenziale enorme. Infatti, pone al centro dell’attenzione la parte offesa dal reato, notoriamente non essenziale al processo penale, e non il reo.

La vittima, dunque, può partecipare attivamente alla ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto, generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettivo, attraverso un riconoscimento reciproco che porta a ricucire il patto di cittadinanza che è stato frantumato dalla commissione del reato.

Una giustizia nuova e inclusiva che rinnova in partenza la risposta al crimine commesso, al vulnus creato nell’ordinamento giuridico.

Uno sguardo d’insieme

Gli strumenti principali della giustizia riparativa possono essere considerati, secondo uno schema gradualistico: da quelli con componenti riparative, a quelli pienamente riparativi, a quelli riconciliativi e mediatori.

Tale schema, in maniera approssimativa, include i seguenti istituti:

  1. la mediazione autore-vittima: è lo strumento principale, di cui si parlerà più nel dettaglio nel secondo paragrafo;
  2. le scuse formali alla vittima da parte dell’autore del reato: sono spesso contenute in una lettera in cui il reo descrive il proprio comportamento e dichiara di esserne pienamente responsabile;
  3. gli incontri tra vittime e autori di reati analoghi a quello subito dalle vittime: si tratta di una sorta di forum nel quale un gruppo ristretto di vittime esprime a un piccolo gruppo di autori di reato, ovviamente diversi da coloro che hanno commesso i reati nei loro confronti, gli effetti dannosi, o comunque negativi, sulla loro esistenza e su quella dei familiari o anche della comunità di appartenenza derivanti dalla commissione di un reato. Le vittime possono così esprimere le sensazioni, le difficoltà, il disagio derivanti dall’esperienza di vittimizzazione e gli autori dei fatti delittuosi possono prendere coscienza di tutti i profili di dannosità delle loro azioni;
  4. gli incontri di mediazione allargata, che tendono a realizzare un dialogo esteso ai gruppi parentali, vale a dire a tutti i soggetti coinvolti dalla commissione di un reato. Tale strumento ha lo scopo di far decidere in maniera collettiva come gestire in maniera corretta il conflitto nascente dal reato;
  5. i gruppi di discussione: modalità operativa che si attua mediante il dialogo guidato da un mediatore/facilitatore, esteso ai gruppi parentali e/o del territorio.

La mediazione come strumento principale per l’attuazione della giustizia riparativa

La mediazione è definita dalla Raccomandazione 19 (1999) del Consiglio d’Europa come: “il procedimento che permette alla vittima e al reo di partecipare attivamente, se vi consentono liberamente, alla risoluzione delle difficoltà derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo indipendente”.

La figura del terzo indipendente è stata individuata nel mediatore, che ha il compito, per l’appunto, di facilitare il confronto tra le parti.

Le caratteristiche e le funzioni del mediatore e i principi della mediazione

Il mediatore è una figura terza, imparziale, il suo linguaggio deve tendere al riconoscimento delle emozioni del conflitto per mirare al raggiungimento di una possibilità di riparazione.

Il mediatore differisce dalla tradizionale figura del giudice per la sua equiprossimità: in altri termini egli deve mantenere una uguale vicinanza a entrambe le parti in conflitto (vittima e reo) per avviare in loro un processo di responsabilizzazione e riconoscimento di quanto accaduto.

La mediazione non è uno strumento obbligatorio ma si basa sui seguenti principi:

  • volontarietà: sono le parti a scegliere quando e se entrare in mediazione;
  • confidenzialità: le questioni emerse durante la mediazione non devono essere riportate all’esterno da parte del mediatore e ciò che viene detto nei colloqui preliminari dalle singole parti non verrà riferito ad entrambe durante il procedimento di mediazione;
  • il non giudizio: il ruolo dei mediatori esula da quello dei giudici. Infatti, essi hanno il non facile compito di ascoltare in maniera attiva/riflessiva per rimandare i sentiti e le questioni emerse alle parti e non dare consigli o di interpretare le questioni emerse.

Grazie al principio del non giudizio, i mediatori facilitano la comunicazione che si è interrotta, prima portando le parti ad un riconoscimento delle proprie emozioni e di quelle dell’altro, poi dei valori, fino ad arrivare, se ci sono le condizioni, ad un atto di riparazione.

Lo svolgimento della mediazione

La mediazione reo/vittima avviene in un incontro congiunto delle parti con tre mediatori (possibilmente due dei quali non devono aver incontrato le parti nei colloqui preliminari). Dopo una premessa in cui i mediatori spiegano come si svolgerà la mediazione, le due parti iniziano a raccontare il loro punto di vista, senza interagire e senza interrompersi. Successivamente uno dei mediatori sintetizza e rimanda quanto riportato da entrambe, e le parti possono iniziare ad interagire.

L’esito della mediazione viene valutato dai mediatori secondo la presenza o meno di alcuni indicatori “irrinunciabili” quali:

  • i soggetti coinvolti hanno avuto la possibilità di esprimere a fondo i propri sentimenti;
  • si è giunti a una diversa visione l’uno dell’altro, a un riconoscimento reciproco, a un rispetto della dignità dell’altro (non necessariamente a una riappacificazione);
  • cambiamento fra le parti rispetto alle modalità di comunicazione;
  • raggiungimento di una riparazione simbolica o materiale.

Il concetto di riparazione nella mediazione

A differenza del concetto di riparazione che nella giustizia retributiva viene assimilato alla mera sanzione, al risarcimento del danno, ai lavori socialmente utili o alle restituzioni, l’obiettivo primario della riparazione nel paradigma della giustizia riparativa è quello di non confinare ad un ruolo marginale l’oggetto reale o simbolico dell’offesa, sia esso persona fisica, collettività, istituzioni o valori ideologici dell’ordinamento.

La riparazione che emerge dal procedimento mediativo è voluta e concordata da entrambe le parti che partecipano attivamente, ma sempre su base volontaria, alla costruzione della riparazione.

La mediazione con vittima aspecifica

Si tratta di un metodo di giustizia riparativa ancora poco sperimentata in Italia.

Essa contempla un incontro di mediazione fra l’autore di un determinato reato e la vittima di una vicenda criminosa diversa ma innescata dalla commissione di un reato della stessa specie. In altre parole, la fattispecie di reato rimane la stessa ma il reo si confronta non con la vittima diretta o indiretta, bensì con la vittima di un reato diverso ancorché qualitativamente omogeneo a quello commesso. Tale pratica assume particolare valore perché offre, laddove non sia possibile un incontro diretto fra vittima e reo, uno spazio di narrazione e di riflessione sulle conseguenze generate da determinati comportamenti illeciti evidenziando il bisogno di riparazione delle vittime.

Nell’esperienza italiana può richiamarsi l’esempio fornito dal Centro per la Giustizia Riparativa e per la Mediazione di Milano, dove questa modalità è stata sperimentata nei seguenti casi:

–          indisponibilità della persona offesa;
–          il notevole lasso di tempo intercorso fra il reato commesso e l’intervento di mediazione ha compromesso la disponibilità delle vittime a partecipare a un incontro diretto;
–          i mediatori hanno valutato inopportuno un incontro diretto in relazione alla specifica tipologia di reato commesso e alle dinamiche presenti fra le parti.

Le situazioni affrontate con questa modalità hanno visto, per la maggior parte, la partecipazione di una vittima di un reato analogo (furto, rapina, lesioni personali, omicidio).

Tuttavia, in alcune ipotesi, i mediatori hanno ritenuto opportuno spingersi oltre e, nelle ipotesi di atti persecutori e violenza sessuale, hanno deciso di affiancare agli autori di questa tipologia di reati una psicologa dello sportello antistalking dell’Ospedale Niguarda di Milano ed una criminologa specializzata a trattare con rei e vittime di reati sessuali. Il risultato è stato positivo, perché, in un contesto non giudicante, gli autori hanno percepito il disvalore del proprio gesto altamente deviante e sono entrati in contatto con i vissuti che le vittime si trovano abitualmente ad affrontare all’interno di esperienze così dolorose.

Leggi anche: La giustizia riparativa: una nuova frontiera del diritto penale?

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