“L’autopsia psicologica è la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, al fine di individuare aspetti che ne rivelino le intenzioni rispetto alla propria morte, indizi sulla tipologia del decesso e sull’eventuale grado di partecipazione alle dinamiche dello stesso e di fornire ipotesi circa i motvi per i quali la morte è avvenuta in quel dato momento”. Shneidman 1961
L’autopsia psicologica è uno strumento che permette di circoscrivere se il decesso di una persona è avvenuto per un evento naturale o per incidente, suicidario o omicidiario, collocando il soggetto deceduto al centro della valutazione specialistica. Questo strumento, ci permette di analizzare perché e in quale modo una persona ha compiuto il gesto e il modus operandi dell’autore del reato, al fine di poter stilare un profilo psicologico del soggetto.
Gli ambiti di utilizzo dell’autopsia psicologica sono sostanzialmente tre civile, penale e preventivo:
In ambito civile tale tecnica è utile al fine di stabilire lo stato mentale di una persona deceduta quando in vita ha compiuto azioni testamentarie o notarili, affidando ad altre persone la gestione di un qualcosa. Un esempio potrebbe essere il caso di Alberto Sordi;
In ambito penale è utile al fine di riconoscere personalità e stato mentale di un individuo stabilendo le cause della morte, restringendo quindi il cerchio dei sospettati;
In ambito preventivo, invece, si studia il profilo psicologico della vittima con l’analisi della vulnerabilità per prevenire determinati comportamenti.
I primi studiosi a parlare di autopsia psicologica furono Shneidman e Farberow, che improntarono in maniera scientifica il materiale riguardante 50 anni di suicidi. Successivamente, Shneidman capì che era necessario creare una lista in grado di standardizzare il metodo, formulò quindi un’intervista costituita da 16 categorie riguardanti aree fondamentali di vita della vittima. In seguito, Gaetano De Leo, padre della psicologia giuridica moderna, fornì una guida completa basata su 24 criteri vittimologici che permettono di reperire ulteriori informazioni sulla vittima ed approfondire l’area relativi ai rischi.
Per comprendere e capire questo delicato fenomeno è utile introdurre il sociologo Émile Durkheim, che primo fra tutti ha studiato il suicidio e ha importato il termine “anomia” parlando proprio di una rottura di regole sociali che porta ad una serie di problematiche. La suicidologia è la disciplina scientifica che studia questo fenomeno e la sua prevenzione.
Esistono centinaia di modalità che possono portare alla morte, ma tutte confluiscono in quattro grandi categorie: naturale, accidentale, omicidio e suicidio
In ambito penale è corretto studiare e analizzare ogni minimo particolare per ricostruire le ultime ore di vita del soggetto post mortem, considerando che a volte la scomparsa può essere definita come suicidio ma in realtà cela ben altro. L’autopsia psicologica è spesso utilizzata anche nei casi di morte equivoca e lo scopo è proprio quello di ricostruire lo stato mentale della vittima cercando di acquisire a ritroso, tutte quelle informazioni e tasselli necessari e utili a contestualizzare l’accaduto. Per quanto riguarda la finalità dell’autopsia psicologica, è quella di conoscere e acquisire informazioni sulla persona morta o scomparsa attraverso i racconti di chi lo ha conosciuto.
È importante ricordare quanto è utile ricostruire in maniera meticolosa e specifica, le ultime 48 ore dall’evento criminoso. In ogni caso, quando parliamo di autopsia psicologica, dobbiamo ricordare che va rispettata l’etica e soprattutto la coscienza quando si parla di questi argomenti. La raccolta delle informazioni è un’attività fondamentale per poter stilare l’autopsia psicologica, essa va fatta nel rispetto delle emozioni di chi ci racconta parti del proprio vissuto, con la comprensione e l’accoglienza che il dolore merita, rispettando la memoria del defunto o dello scomparso. Le informazioni raccolte vanno trattate con riservatezza e se possibile non condivise per scopi non professionali