Una lettera aperta, piena di umanità, di sentimenti fraterni per i colleghi e di pensieri per i familiari che li attendono, è quella firmata nel 2013 dall'allora Presidente e Segretario Amministrativo dell'ANGGI, Giuliano Maddalena e Roberto Pau, indirizzata alla corte di giustizia Europea.
Una lettera che rappresentava in tutto e per tutto un grido d'aiuto, una speranza di essere ascoltati e compresi, in cui si riportava tutta la delusione per quel silenzio delle istituzioni Italiane che pesava così tanto. Dopo essersi confrontata con i colleghi di altri stati europeri, che godono di una legislazione molto più favorevole rispetto a quella italiana, l'ANGGI nel 2013 ha deciso di interpellare l'Europa, in cerca di quel sotegno giuridico che il settore inseguiva invano da anni.
Un documento che descriveva un lavoro pesante, con turni lunghi, in alcuni casi solo notturni, esposti alle interperie, costretti in piedi per ore, con stipendi bassi e un grado di pericolo che è proporzionale all'aumento della criminalità.
Ma non è su questo che chiedevano di intervinire, nel testo, tra le righe, si legge anche l'amore per questo lavoro, con tutto ciò che esso comporta.
Quello che chiedevano a gran voce è un riconoscimento giuridico che porti le Guardie Giurate ad essere inquadrate come Agenti di Polizia Giudiziaria.
Più volte la Corte di Cassazione, attraverso le sue sentenze, si è di fatto schierata dalla loro parte, ma non è bastato.
La modifica dell'inquadramento giuridico, ancora oggi, risulta indispensabile per includere nelle modalità operative delle guardia giurate alcune modifiche di fontamentale importanza: la possibilità di identificare qualcuno, di ammanettarlo, di munire gli autoveicoli di sirene e lampeggianti, di prevedere turni di almeno due persone (aspetto importantissimo in caso di intervento).
Questi cambiamenti darebbero valore alla figura della Guardia Giurata, e metterebbero gli operatori nella condizione di lavorare con modalità più adeguate al tipo di servizio svolto.
di Laura Torresan
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