La chiave della sicurezza informatica e delle comunicazioni la troviamo nella crittografia. Per quanto possa sembrare un concetto estremamente moderno e contestualizzato nelle società attuali, la materia crittografica ha una storicità importante.
La necessità di nascondere messaggi strategici da occhi nemici è antica quanto l'uomo: ci sono tracce di cifrari antichi di stampo ebreo che hanno come marchio il loro codice nominato codice di Atbash.
Gli Spartani avevano un loro particolare sistema di comunicazione dei messaggi segreti e a Gaio Giulio Cesare si attribuisce l'uso del cosiddetto cifrario di Cesare, cioè un sistema crittografico oggi ritenuto elementare, ma che simboleggia l’emblema della nascita di un concetto totalmente nuovo e ottimo per comprendere le idee basilari dell’attuale crittografia moderna.
Da questo ABC possiamo tracciare la linea delle nostre cifrature, che il più delle volte soprattutto se si sta parlando di conversazioni e di sistemi di messaggistica nascondono segreti più o meno importanti.
E’ proprio per questo motivo, ovvero mantenere il più possibile l’anonimato dei nostri pensieri che il concetto di crittografia è stato protagonista sulle informazioni protette. Dapprima con la battaglia FBI-Apple causando una disputa tra tecnicità ed emotività.
Apple infatti, o meglio il suo amministratore delegato Tim Cook, ha negato l’accesso agli agenti dell’FBI all’interno dell’Iphone di uno dei due attentatori della strage di San Bernardino, quando lo scorso dicembre in California furono uccise 14 persone. La risposta ufficiale dalla casa della “Mela morsicata” è quella di «una decisione senza precedenti che minaccia i nostri clienti». A livello umano credo che la scelta di Cook sia assolutamente ragionevole e comprensibile.
A livello giudiziario la battaglia legale è solo all’inizio, infatti potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema.
Ecco quindi che materie ben lontane dall’immaginario comune entrano nelle nostre vite, non solo tra le notizie che leggiamo nei quotidiani e nei social network ma anche nello screen delle nostre schermate Whatsapp.
Vi sarete accorti infatti, che da qualche giorno in tutte le vostre conversazioni troverete scritto “sistema crittografico end-to-end”, ovvero una blindatura delle chat per avere una privacy più netta ed una sicurezza maggiore nell’anonimato.
La crittografia end-to-end, è una tecnica che permette la lettura in chiaro di un messaggio solo al mittente e al destinatario. Chiunque si intrometta nel percorso seguito dal contenuto (sia esso un testo, una foto o un video) può prelevare l’elemento scambiato ma senza avere la chiave di lettura, ottenendo dunque una serie di codici incomprensibili. Non è possibile quindi, intercettare il contenuto, né da parte di hacker, né da parte di organi statali, né dagli stessi ideatori dell’applicazione. La crittografia end-to-end renderebbe la comunicazione su WhatsApp privata, come se si svolgesse “faccia a faccia”.
Ad oggi, essendo una novità scesa in campo nel mondo della messaggistica comune questa tipologia di chiave risulta segreta. Ma sono sicura che a breve, con l’onda dell’evoluzione che non smette mai di crescere e migliorarsi, ci ritroveremo con lo stesso identico interrogativo: “I nostri segreti sono davvero al sicuro?”.
di Jessica Occhipinti – www.jessicaocchipinti.it
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