Secondo una recente sentenza della Cassazione, è consentita l’assistenza graduale e a distanza del parente disabile, tuttavia rimanendo a disposizione in caso di necessità
La Corte Suprema ha smussato gli angoli della legge 104, i permessi ai lavoratori per assistere un parente disabile che hanno fatto tanto discutere in questi anni e che sono stati temi di controversia nelle aule di tribunale e di lavoro per gli investigatori privati. La Cassazione infatti, con la sentenza n. 16930 del 12 agosto scorso, ha stabilito la liceità dell’assistenza graduale e a distanza, purché il lavoratore resti a disposizione del parente disabile per ogni tipo di necessità.
In pratica, con questa ordinanza i giudici danno la possibilità ai lavoratori in possesso dei permessi assistenziali di stare a casa propria, purché “rimangano in attesa” ed intervengano tempestivamente in risposta alle esigenze del parente disabile. Nella fattispecie, il caso preso in esame dalla Cassazione riguardava una lavoratrice che era stata licenziata poiché sorpresa da un investigatore privato a trascorrere a casa le giornate di permesso. La donna andava dal fratello disabile soltanto per il tempo necessario per assisterlo, in base, come provato successivamente, alla telefonata di quest’ultimo.
La donna ha presentato ricorso alla Corte Suprema che ha giudicato la sua condotta legittima, dove non sono mai venuti meno i principi fondanti della legge 104, né la donna ha mai abusato di essa. Questo invece sarebbe accaduto se il detective di turno l’avesse sorpresa a fare shopping o a svolgere un altro lavoro, attività che avrebbero messo in discussione il rapporto di fiducia con l’azienda.
Tuttavia, la Cassazione, onde evitare ambiguità e fraintendimenti, ha sottolineato che il lavoratore in possesso del permesso “deve comunque garantire al disabile un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale”. Questo significa che il periodo di assistenza “non può essere limitata o compromessa dalle esigenze personali del lavoratore”.
Nei casi futuri è quindi necessario verificare “se l’eventuale esercizio di altre attività o, come nel caso che qui occupa, la semplice attesa dell’occorrente assistenza possano integrare un uso legittimo del permesso”. Nel caso di specie la Corte Suprema ha provato che il comportamento della lavoratrice era in linea con i principi della legge 104 e ritenuto illegittimo il licenziamento.