Il caso del Carabiniere Mario Cerciello Rega, al centro delle cronache estive, dimostra come, anche di fronte a una confessione, può rendersi necessario ricorrere ad approfondimenti legati a discipline e tecniche specifiche.
Ne avremmo fatto volentieri a meno. Ma, si sa, ogni estate italiana che si rispetti chiede il proprio tormentone giudiziario-investigativo, oltre a quello musicale. Un “giallo” a tinte forti che sotto l’ombrellone stimoli l’emergere delle migliori doti investigative nascoste in ciascun connazionale. Quest’anno la vicenda che si candida con credibilità a tingere di noir anche le spiagge più bianche è quella dell’omicidio a Roma del Vice Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega.
La vicenda, ovviamente, ci tocca, per diversi motivi. Il primo è il dolore, che condividiamo con con la famiglia e con l’opinione pubblica, per la morte di un uomo, la perdita di un marito, la scomparsa di un servitore dello Stato.
Il secondo motivo è che molti di noi, tra quanti lavorano nel campo delle investigazioni, hanno un passato nell’Arma, o in un altro corpo di polizia, e non possono fare a meno di identificarsi e provare vicinanza.
Il terzo punto è più tecnico, e da esso parte la riflessione che ispira queste poche righe. Il caso, purtroppo, a oggi presenta ancor molti aspetti da chiarire, che ci auguriamo al rientro dalle vacanze saranno risolti da chi di dovere. La ricostruzione precisa degli eventi; il numero e le motivazioni dei partecipanti alle varie fasi dell’accaduto; il dubbio sull’effettiva operatività in servizio della vittima, che era intervenuta lasciando l’arma in dotazione nel ricovero in caserma; e altre questioni, ultima ma non per ultima la definizione delle circostanze di fatto e dell’elemento psicologico in capo al reo confesso e al suo compagno, che in pochi secondi parrebbero essersi trasformati da “bravi ragazzi” (o quasi) in viaggio turistico a feroci accoltellatori.
Cosa ci può suggerire quindi, finora, lo sviluppo di questa storia emblematica? Che anche in un delitto apparentemente risolto in poche ore tramite la “regina delle prove”, la confessione, in uno scenario contemporaneo le acque possono farsi improvvisamente più torbide (e non solo per la “leggerezza” della benda applicata all’indagato durante l’interrogatorio e della foto poi diffusa attraverso i social). E che dove tutto sembra di primo acchito chiaro, chi indaga dovrà invece far ricorso a un corposo supplemento di ricerca della verità, fattuale e giuridica.
Ecco quindi che, oltre alle ordinarie procedure di interrogatorio, raccolta e vaglio delle testimonianze, verifica degli indizi e delle prove, entreranno in campo l’analisi e l’incrocio dei filmati, la verifica degli atti e della loro rispondenza a quanto dichiarato, forse l’approfondimento di uno o più profili psicologici. In buona sostanza, servirà interpellare un discreto numero di quelle che chiamiamo “discipline forensi” e relativi esperti, mobilitati tanto dalla pubblica accusa quanto dai difensori degli accusati.
A volte le trattiamo, le scienze giuridiche con la loro prodigiosa evoluzione recente, come una frontiera, una possibilità quasi dil à da venire. Invece sono già e sempre qui tra noi, nelle “piccole” investigazioni quotidiane più innocue come in devastanti avvenimenti di cronaca nera.
Ce ne occupiamo con sempre maggior interesse, anche su stopSecret, perché sono e saranno sempre più determinanti nell’inseguimento di una conoscenza completa dei fatti e di una giustizia davvero giusta.
Intanto, buone ferie a tutti.