Fa discutere e preoccupa la circolare del Viminale che esclude dalla sicurezza in occasione di eventi gli operatori professionali, in favore delle libere associazioni di volontariato.
Non abbiamo niente contro il volontariato.
Anzi. I volontari costituiscono una struttura portante del sistema-Italia. Fanno, spesso, ciò che lo Stato non fa. Arrivano, sovente, dove la mano pubblica non riesce a giungere. E ancora più di frequente si affianca con abnegazione, senso del dovere, infaticabile impegno, alle autorità e alle strutture precostituite, negli interventi a sostegno di persone e cose colpite da disastri naturali o di origine umana.
Di più: i volontari sono una bandiera del “grande cuore” italiano in tutto il mondo. Medici, infermieri, alpini, scout, associazioni no-profit e ONG (ebbene sì, anche se oggi non vanno di moda…), Dame di San Vincenzo e Cavalieri di Malta. Le mille facce del volontariato italiano rappresentano da sempre una grande eccellenza, variegata e spesso silenziosa ma operosa, efficace, presente.
Quando i volontari servono, servono. Ma quando non servono, quando esistono già professionisti addestrati e attrezzati per svolgere al meglio determinati compiti, quando non c’è emergenza, ma occorre “solo” regolare con intelligenza, chiarezza, efficienza materie e situazioni di normale amministrazione, allora il ricorso “istituzionale” al volontariato rischia di far danni. E forse, un pochino, puzza di volontà di risparmio “lineare”, senza attenta considerazione dei possibili pericoli. Un’altra premiata e storica eccellenza italiana, quest’atteggiamento.
I più attenti l’avranno già intuito: il pistolotto iniziale punta l’indice verso la già “famigerata” Circolare N. 11001/1/110/(10) del Ministero dell’Interno, che elenca le “nuove direttive e i Modelli organizzativi e procedurali per garantire alti livelli di sicurezza in occasione di manifestazioni pubbliche”. Il documento modifica quanto stabilito dalla precedente Circolare Gabrielli – emanata dopo i fatti di piazza San Carlo a Torino, che assicurava un presidio di sicurezza efficace – sostituendo di fatto, gli addetti alla sicurezza autorizzati con semplici volontari, mossi da buone intenzioni, ma prevedibilmente digiuni dell’adeguata preparazione e delle competenze necessarie.
Oltre all’evidente rischio per cose e persone coinvolte nelle manifestazioni, la decisione comporta una duplice offesa per gli operatori professionali del settore, che con un unico colpo di spugna vengono esclusi dai giochi e vedono sfumare la possibilità di recuperare gli investimenti in formazione del personale già fatti, su esplicita richiesta del precedente orientamento ministeriale.
Il comparto della sicurezza privata è comprensibilmente in fermento. Si sono susseguite, da parte delle associazioni di categoria, le promesse di ricorso al TAR e le richieste di un confronto con i vertici del Viminale. Quest’ultima istanza è già stata accolta: il prossimo 8 agosto AISS (Associazione Italiana Sicurezza Sussidiaria), Federpol (Federazione Italiana degli Istituti Privati per le Investigazioni le Informazioni e la Sicurezza) e FederSicurezza (Federazione del Settore della Vigilanza e Sicurezza Privata) incontreranno il sottosegretario all’Interno Molteni, esponendo le ragioni della categoria in un contesto che pare davvero configurare un caso di “concorrenza sleale”, autorizzata tra l’altro fuori tempo massimo.
In questa prospettiva noi possiamo aggiungere soltanto due pensieri: la speranza che la circolare sia revocata o modificata e l’ormai trita riflessione: non sarebbe meglio interpellare, almeno, i professionisti nella prospettiva di muovere passi rischiosi, incongrui, dannosi?
Come già detto, nulla contro il volontariato. E nemmeno contro le liberalizzazioni. Ma quando ci va di mezzo la sicurezza, crediamo occorra pensare agli specialisti, prima che alle libere associazioni.