La pandemia ha distribuito, oltre che danni e preoccupazioni, anche giudizi e consigli, alcuni che toccano da vicino i nostri ambiti professionali. Magari nel 2021 non andrà bene proprio tutto, ma per cominciare con il piede giusto, impariamo da ciò a cui abbiamo assistito.
Tante lezioni e molte parole nuove.
Del 2020, se non altro, ricorderemo questo (avviso al lettore distratto: “ricordare”, purtroppo, non significa per tutti “imparare”, né “trarre utile significato”).
Parole, dunque. Alcune brutte e francamente dimenticabili: “covidiota”, “negazionista”, “DPCM” (è un acronimo, ma come tacerlo?). Altre, se non belle, per lo meno utili: “virologo”, epidemiologo”, “infettivologo”. Nota a margine: dopo averle mandate a memoria e prima di ripeterle all’infinito sui social, sarebbe consigliabile, per lo meno, indagarne e comprenderne le differenze di portata e di significato. Perché il mondo, in questi mesi, ci ricorda con spietatezza quanto sappia essere complicato, anche per chi vorrebbe comunque semplificare, e quanto sia importante mantenere viva la spinta a “saperne di più” a indagare. A chi tra noi lo fa per mestiere, un indiretto riconoscimento di tanta portata, in momenti più tranquilli, non potrebbe che suonare piacevole. Vale per i detective, vale per i cultori della scienza forense, delle sue discipline e dei loro rivoli.
E parole brutte, ma interessanti. Come “infodemia”, cioè la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.
Chi scrive è discretamente certo di non aver mai ceduto a tentazioni infodemiche, nelle proprie linee editoriali. Ma prendiamo un solenne impegno nei vostri confronti, cari lettori, di fronte al caos cui abbiamo assistito e assistiamo: qui faremo sempre ogni sforzo per comunicare a ragion veduta, in modo semplice e preciso, attingendo a fonti autorevoli e certificate. E voi, in ogni caso…. Non fidatevi, che diffidare e è notoriamente meglio. Verificate, rileggete, confrontate. Anche noi, come i luminari da prima serata, possiamo sbagliare.
Partendo da qui possiamo individuare un’ulteriore lezione impartita dall’anno che se ne va: le risorse umane sono importanti – ma già lo sapevamo. Solo le persone giuste al posto giusto, nel momento giusto, governano le crisi con efficacia. E possono davvero cambiare il gioco e le sue regole, all’occorrenza. Che siano ricercatori, medici, infermieri, manager, addetti alle consegne o presidenti del consiglio. Quando il gioco si fa duro, le chiacchiere stanno a zero. Si torna, tutti insieme, a invocare professionalità, chiarezza, capacità di valutare e decidere. Merci rare e preziose, in tempi d’emergenza. Da scegliere e coltivare ogni giorno, quindi, quando tutto sembra scorrere pacificamente.
E infine un’ultima morale semplice semplice: non sempre i tempi brutti arrivano attesi e si fanno annunciare. Per questo è importante chiedere, concedere, gestire credito, in tutti gli ambiti e i sensi, ma è altrettanto decisivo restituirlo e/o recuperarlo, in termini e modi corretti e intelligenti.
L’anno vecchio è finito ormai, i problemi non scompaiono, ma a noi e a voi le lezioni piace impararle, non solo a parole. L’anno prossimo magari “non tutto andrà bene”, ma facendo tesoro di quanto è accaduto, ci proveremo. Tanti sincerissimi auguri a tutti.