La psicolinguistica forense è una disciplina investigativa di supporto alle indagini tradizionali. Grazie al suo studio, è capace di fornire elementi utili alle indagini, arrivando ad una soluzione più rapida.
La psicolinguistica forense è una disciplina investigativa che studia il linguaggio, scritto o parlato, fornendo elementi utili all’indagine come:
- l’origine geografica e l’appartenenza etnica;
- l’età e il sesso;
- l’attività lavorativa;
- il livello di istruzione;
- l’attività lavorativa;
- l’orientamento religioso;
- l’inquadramento sociale;
- le caratteristiche demografiche.
Questo tipo di attività, che si pone accanto alle altre che analizzano capelli, fibre, DNA e qualsiasi altro elemento balistico, permette di delineare un profilo psicologico più preciso.
L’importanza della psicolinguistica forense
La scienza della psicolinguistica forense può essere fondamentale per supportare le indagini nell’ambito dell’investigazione criminale. Ad esempio, può servire a:
- valutare un certo tipo di minaccia, come telefonate anonime, lettere minatorie, minacce verbali;
- attribuire un testo, come nel caso delle lettere anonime;
- realizzare un’analisi delle dichiarazioni rese, stabilendo il grado di autenticità ed attendibilità attraverso le pause effettuate, la lunghezza delle frasi o la loro sequenza;
- smascherare i finti suicidi attraverso lo studio dei biglietti di addio;
- risolvere i computer crimes, in cui spesso l’autore del crimine informatico non è un soggetto terzo all’azienda ma un dipendente della stessa company, o un funzionario della pubblica amministrazione.
Lo studio sulle menzogne
Non da ultimo, la disciplina si occupa anche di rilevare le menzogne, intese come atto volontario e non come il fatto di non ricordare qualcosa. La psicolinguistica forense interpreta pertanto tutti gli aspetti ingannevoli come l’ambiguità, l’evasività, omissioni, travisamenti etc.
In questo caso sono tre i fattori da considerare sullo status psicologico del mentitore, ovvero:
- la sperimentazione di emozioni più forti, per paura di essere scoperto;
- un maggior sovraccarico cognitivo, causato dall’impegno che un soggetto ha dovuto impiegare per costruire la bugia;
- l’elaborazione di molteplici strategie per risultare più convincente in quello che dice.
La disciplina non ha ancora raggiunto elementi o criteri in grado di avere valenza probatoria in ambito forense, ma ha portato l’analisi linguistica a orientare un determinato tipo di scenario, come un interrogatorio o le indagini stesse.
Negli Stati Uniti da anni le forze dell’ordine e le agenzie investigative analizzano le dichiarazioni a supporto delle loro indagini. La metodologia serve per capire se un sospettato stia dichiarando il vero, o stia omettendo indizi utili in modo volontario. Prima di iniziare un interrogatorio, normalmente gli agenti si fanno rilasciare una testimonianza scritta, per poi avere due versioni da poter confrontare tra loro.
Ma cosa viene valutato? In primis le parti del discorso, che includono l’uso di pronomi personali, pronomi possessivi, nomi e verbi. In secondo luogo le informazioni non pertinenti, a cui seguono la mancanza di convinzione e l’analisi delle tre fasi di un racconto, suddiviso tra ciò precede e segue i fatti, e quindi la contestualizzazione e le conseguenze di quanto successo.
Il caso Provenzano
Quando il boss mafioso Bernardo Provenzano è stato catturato, nel luogo in cui si nascondeva è stata trovata una Bibbia con molti appunti e sottolineature. Per gli investigatori è stata usata per comunicare attraverso un codice, che solo chi ne era a conoscenza poteva comprendere. Alcuni dei destinatari si trovavano al regime del 41 bis, dove l’unico libro permesso era appunto quello della Bibbia.
Grazie a questa disciplina, quindi, è possibile arrivare più agevolmente alla soluzione del problema criminologico. La psicolinguistica forense è considerata uno studio che si aggiunge a quelli tradizionali, in grado di supportare questi ultimi quando il crimine è da ritenersi non convenzionale.