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Risarcimento omicidio: chi paga se l’assassino è nullatenente o minorenne?

Il diritto al risarcimento, sancito dall’art. 2043 del Codice Civile, rappresenta una tutela fondamentale per le vittime di reati dolosi o colposi, e stabilisce che il colpevole è il primo responsabile del risarcimento. Questo principio, applicabile anche ai casi di omicidio, diventa complesso quando l’omicida è nullatenente o minorenne, lasciando spesso i familiari in una situazione di difficoltà nel vedere riconosciuti i propri diritti.

Risarcimento per omicidio e limiti economici: cosa prevede la legge

In Italia, l’art. 2043 del Codice Civile stabilisce che chi commette un reato doloso o colposo è tenuto a risarcire i danni subiti dalla vittima o dai suoi familiari. Nel caso di omicidio, quindi, il colpevole è il primo responsabile del risarcimento alle vittime. Tuttavia, il semplice riconoscimento al diritto di risarcimento non garantisce che i familiari ottengano concretamente quanto stabilito dal giudice. L’effettiva erogazione delle somme di denaro dipende infatti dalla situazione patrimoniale dell’omicida.

Questo principio giuridico si scontra spesso con la realtà, come dimostrano i recenti casi di Alessandro Impagnatiello e Filippo Turetta. Impagnatiello, condannato all’ergastolo per l’omicidio della compagna incinta Giulia Tramontano, è stato obbligato a risarcire la famiglia della vittima con una somma superiore a 700.000 euro. Turetta, autore dell’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, ha ricevuto la stessa condanna, con un risarcimento di 760.000 euro per i familiari della ragazza. In entrambi i casi, le possibilità che queste cifre siano effettivamente corrisposte sono molto improbabili. Né Impagnatiello, né Turetta dispongono di beni o redditi sufficienti per coprire tali importi, lasciando i familiari delle vittime in attesa di una giustizia economica difficilmente raggiungibile.

Omicida nullatenente: la tutela dello Stato

Quando l’omicida è nullatenente, i familiari delle vittime possono accedere al Fondo statale per le vittime dei reati violenti, istituito dalla legge n. 122/2016. Questa normativa recepisce gli obblighi derivanti dalla direttiva europea 2004/80/CE, che impone agli Stati membri di garantire un indennizzo equo e adeguato alle vittime dei reati violenti o ai loro parenti, qualora non sia possibile ottenere il risarcimento dall’autore del crimine.

Purtroppo, però, il sostegno garantito da questo fondo è soggetto alla disponibilità del fondo stesso e non copre integralmente i danni subiti. Nei casi di omicidio la cifra massima riconosciuta ammonterebbe a circa 50.000 euro, una cifra spesso inadeguata rispetto alla gravità dei danni subiti.

E se l’assassino è minorenne?

La situazione si complica ulteriormente quando l’omicida è minorenne. In questi casi, la responsabilità civile può ricadere sui genitori o sui tutori legali, come stabilito dagli articoli 2048 e 147 del Codice Civile. I genitori sono, infatti, responsabili della vigilanza e dell’educazione dei figli, e possono essere chiamati a risarcire i danni causati dal comportamento illecito del minore, salvo dimostrino di aver adempiuto ai propri doveri e di non aver potuto prevedere o evitare l’evento criminoso.

Ad ogni modo, come accade nel caso di un omicida nullatenente, anche in questa circostanza la reale possibilità di ottenere un risarcimento dipende dalla situazione economica della famiglia del minore. Se i genitori non dispongono di risorse sufficienti, i familiari della vittima possono rivolgersi al Fondo statale per ottenere un minimo di tutela economica, pur sempre con le stesse limitazioni descritte in precedenza.

Questi limiti evidenziano come il tema del risarcimento alle vittime di omicidio, in Italia, resti una questione molto delicata. Sebbene il sistema legale preveda strumenti di supporto, come il Fondo statale, è evidente la necessità di soluzioni più efficaci e di riforme che garantiscano un risarcimento realmente accessibile e adeguato alle famiglie colpite da simili tragedie.

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