Roberta Ragusa è scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012. Il corpo della 45enne di San Giuliano Terme (PI) non è mai stato ritrovato. A essere accusato di omicidio e occultamento di cadavere è il marito Antonio Logli, condannato per questo a 20 anni di reclusione. L’uomo si è sempre dichiarato innocente e dopo undici anni sono ancora molti i punti oscuri della vicenda. Ne abbiamo parlato con la biologa e genetista forense Teresa Accetta, che ha recentemente abbandonato il team difensivo di Logli di cui faceva parte.
Il 20 dicembre 2022 la terza sezione penale della Corte d’Appello di Genova ha giudicato inammissibile la richiesta di Antonio Logli di revisione della condanna a 20 anni di carcere.
L’istanza di revisione del processo era stata depositata dal pool difensivo di Antonio Logli, composto dalla criminologa Anna Vagli, la genetista forense Teresa Accetta e l’avvocato Andrea Vernazza, dopo l’acquisizione di nuove testimonianze che smentirebbero Loris Gozi, l’uomo che dichiarò di avere visto Logli litigare con la moglie la notte in cui la donna scomparve.
A pochi giorni dalla sentenza e dalla comunicazione che il team difensivo si sarebbe rivolto alla Cassazione ecco un colpo di scena: il 10 gennaio Anna Vagli e Teresa Accetta hanno annunciato la rinuncia “con effetto immediato al mandato conferito da Antonio Logli per gravi incompatibilità con la linea difensiva e per contrasto di intenti con l’avvocato difensore Andrea Vernazza”.
Una decisione causata da “idee contrapposte e difficoltà interne nella prosecuzione della strategia processuale”. Di questa scelta e del ruolo della genetista forense nelle indagini abbiamo parlato con Teresa Accetta.
Lei e la criminologa Vagli avete fatto parte del team difensivo di Antonio Logli, quali sono i lati più controversi del caso Ragusa?
Sicuramente la parte più difficile è stata affrontare l’opinione pubblica. Il nostro lavoro non si basa su opinioni personali ma su prove fisiche e testimoniali. Nonostante non sia mai stata trovata una prova che accertasse la presenza di una scena del crimine, l’eventuale morte violenta, l’ipotetica arma del delitto e nonostante l’assenza del cadavere, il sig. Logli è stato condannato per una testimonianza tardiva e contraddittoria dal Tribunale e per la presenza di un’amante dalla collettività.
Abbiamo lavorato in regime di indagini difensive, abbiamo espletato diversi sopralluoghi, studiato diversi scritti e analizzato punto per punto l’intero fascicolo processuale senza mai arrenderci, in quanto è il nostro lavoro e, che piaccia o meno al pubblico, si deve fare secondo scienza e coscienza, etica e professionalità.
Non potreste condannare un medico che salva la vita ad un pedofilo. È il suo lavoro. Il nostro è quello di
fornire consulenze forensi tecnico-scientifiche e criminologiche senza alterare fatti, prove, indizi e realtà.
È di questi giorni la notizia che avete interrotto la vostra consulenza, cosa vi ha portate a questa decisione?
Malauguratamente non esisteva altra decisione plausibile. Proprio per rimanere fedeli al nostro lavoro, fisico ed intellettuale, e per una questione prettamente etica e professionale, abbiamo rimesso il mandato.
In attesa della decisione della Corte d’Appello di Genova sulla richiesta di revisione, insieme alla Dott.ssa Anna Vagli, non ci siamo mai fermate e abbiamo trovato una soluzione alternativa e, a nostro parere verosimilmente risolutiva, che non è stata volutamente ascoltata.
Voglio quindi sottolineare la forza di una decisione presa per far valere il lavoro fatto, di cui resta la delusione, e per poter mettere a disposizione le nostre competenze altrove.
In quali altri casi ha lavorato come biologa e genetista forense?
Come criminologa genetista forense, sopralluoghista ed esperta di BPA, le mie competenze sono richieste sia in campo civile, per gli esami di consanguineità, sia in campo penale, in casi di omicidio, suicidio, violenze sessuali, pedofilia, rapine e in tutti gli altri casi in cui si ha necessità di analizzare una scena del crimine e le relative tracce di DNA repertate.
Tra i diversi casi in cui ero o sono consulente, non dimenticherò la mia la cosiddetta “gavetta” che ha permesso l’accoglimento della richiesta di revisione dell’avvocato del sig. Vincenzo Bommarito, accusato di aver sequestrato e provocato la morte del sig. M. Licari, fino al caso di Desirèe Mariottini, 16enne trovata morta nel quartiere San Lorenzo di Roma, o alla partecipazione al caso Sara Scimmi e così via fino al caso di Roberta Ragusa.
C’è un caso che l’ha colpita in particolare o di cui avrebbe voluto occuparsi?
Ultimamente mi arrivano tantissime richieste da giornalisti o da cittadini privati, appassionati e che non si danno per vinti, in merito ad una mia opinione sul Delitto di via Poma di Simonetta Cesaroni.
Purtroppo non avendo a disposizione l’intero incartamento processuale, è impossibile fornire il parere professionale richiesto. Ho risposto a parecchie domande sul DNA, sul sangue, sul gruppo sanguigno e sulla scena del crimine.
Ciò mi ha suscitato tanta curiosità e forse ad oggi questo è uno dei cold case che mi piacerebbe approfondire con carte alla mano.
In generale, i casi che mi rendono il lavoro un po’ più arduo sono quelli che riguardano i bambini uccisi, maltrattati o vittime di pedofilia.
Il suo non è certo un lavoro semplice, cosa l’ha spinta a diventare genetista forense?
Ho una passione innata per queste materie. Fin da piccola sono stata attratta da tutto ciò che fosse misterioso, che richiedeva il trovare una soluzione. Un indovinello, un giallo, il continuo sforzo della mente per capire cosa fosse successo o quale sarebbe stata la soluzione del rompicapo. Mi ha sempre resa viva, bonariamente competitiva.
Crescendo sono rimasta incantata dalla genetica. Ed ecco nascere l’amore per ciò che univa entrambe le mie passioni: la Genetica Forense.
La passione e la voglia di cercare sempre la verità mi hanno spinto ancor di più in questa direzione.
Come la sua attività si inserisce nelle indagini e come procede viene svolta?
Ad oggi non esiste indagine senza che siano richieste le competenze del genetista forense. Con le nuove tecniche di repertamento e i passi da gigante fatti dalla scienza, è possibile estrarre il DNA da tantissimi tipi di reperti prelevati da una scena del crimine, in modo da estrapolarne un profilo genetico e poterlo confrontare con quello del o dei sospettati.
L’analisi del DNA è importante ai fini identificativi, ma è necessario che, affinché questo possa avvenire nelle migliori condizioni, il campione arrivi in laboratorio nelle stesse condizioni in cui è stato repertato, senza alterazioni.
La fase più delicata che interessa la scena di un crimine è infatti il sopralluogo, il quale, se fatto bene e con attenzione, potrebbe facilitare tutte le successive analisi delle varie scienze forensi in base alla tipologia di traccia repertata, aumentando di molto la percentuale di casi risolti.
Inoltre, grazie all’analisi del DNA ad oggi molti condannati in tutto il mondo sono stati scagionati da delitti mai commessi.