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Screenshot di messaggi conservati nella memoria del cellulare: se fatti dalla PG sono inutilizzabili

Di recente, la Cassazione ha emesso una sentenza secondo la quale i messaggi di posta elettronica, i messaggi WhatsApp e qualsiasi altra forma di messaggistica istantanea, conservati nella memoria di un dispositivo elettronico, rientrano nel concetto di “corrispondenza”. Essendo l’acquisizione e il sequestro della corrispondenza materia protetta dagli articoli 253 e 254 del c.p.p, i giudici hanno stabilito che gli screenshot di messaggi acquisiti dalla polizia giudiziaria senza l’autorizzazione del giudice non sono utilizzabili in tribunale.

Screenshot di messaggi e intercettazioni: quali sono le differenze

Per giungere a questa decisione, la Corte Suprema ha seguito i chiarimenti offerti dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 170/23. Quest’ultima affronta il tema della natura dei messaggi di posta elettronica, WhatsApp e simili, quando vengono archiviati nella memoria di un dispositivo dopo essere stati inviati e ricevuti.

In primo luogo, la Corte costituzionale ha analizzato la differenza tra il sequestro di corrispondenza e le intercettazioni di comunicazioni o conversazioni. A tal proposito ha chiarito che, affinché si possa parlare di intercettazione, devono essere soddisfatte due condizioni: la comunicazione deve essere in corso nel momento in cui viene intercettata da un soggetto esterno; la raccolta dei messaggi deve avvenire all’insaputa dei due interlocutori.

Nel caso, quindi, degli screenshot di messaggi custoditi nella memoria di un telefono, nessuna delle due condizioni è soddisfatta. Di conseguenza, gli screenshot non sono considerabili come intercettazioni, bensì come corrispondenze.

Significato di corrispondenza per la Corte costituzionale

Le corrispondenze comprendono ogni forma di trasmissione di pensiero e opinione personale che avvenga attraverso qualsiasi mezzo, come lettere, telefono, fax e simili. Esse sono tutelate dall’art. 15 della Costituzione, il quale sancisce che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili” e che “la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.”

Questa protezione, a quanto chiarito dalla Corte costituzionale, si estende a tutti i mezzi di comunicazione, indipendentemente dal fatto che siano tradizionali o moderni. Perciò, può essere applicata anche ai messaggi di posta elettronica, ai messaggi WhatsApp e a tutta la messaggistica istantanea.

Ad ulteriore conferma di questo, è intervenuta anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha riconosciuto l’importanza di tutelare la riservatezza delle comunicazioni elettroniche, dichiarando che la posta elettronica e la messaggistica istantanea sono comunicazioni private. La Corte ha infatti stabilito che esse si inseriscono tra i diritti protetti dall’art. 8 della CEDU.

La natura della corrispondenza dopo la ricezione

Dopo aver appurato la natura dell’acquisizione dei messaggi, la Corte costituzionale ha sollevato anche la questione se la messaggistica istantanea possa essere considerata corrispondenza anche quando i messaggi sono stati ricevuti, letti e conservati nella memoria dei rispettivi dispositivi elettronici.

Secondo una prima concezione, la corrispondenza già ricevuta e letta dal destinatario non può più essere considerata un mezzo di comunicazione, avendo esaurito il suo scopo comunicativo. Ragionando in questo modo, i messaggi perdono la loro natura di corrispondenza e possono essere considerati come semplici documenti archiviati nel dispositivo. Stando una seconda concezione, invece, la natura di corrispondenza persiste finché la comunicazione mantiene un carattere di attualità e, di conseguenza, il messaggio rimane sotto la tutela dell’art. 15.

La Corte costituzionale, nel pronunciare la sentenza, ha ritenuto che considerare la comunicazione alla stregua di un semplice documento significherebbe ridurre la portata della tutela costituzionale alle sole forme di corrispondenza cartacea. Questo perché l’approccio non terrebbe conto del fatto che, nelle comunicazioni via posta elettronica o messaggistica istantanea, l’invio e la ricezione avvengono in modo pressoché simultaneo. Di conseguenza, ha optato per orientarsi verso una visione più ampia e garantista, che ambisce a preservare il carattere di corrispondenza dei messaggi.

Considerate tutte queste riflessioni, la Cassazione ha confermato e ribadito che i messaggi di posta elettronica, WhatsApp e altre forme di messaggistica istantanea devono essere considerati corrispondenza protetta. Pertanto, la loro acquisizione da parte della polizia giudiziaria richiede necessariamente l’autorizzazione del giudice. Questa decisione rafforza la tutela della privacy e della libertà di comunicazione anche per i messaggi digitali, rendendo inutilizzabili gli screenshot acquisiti senza le dovute procedure.

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