Ogni qualvolta si captino informazioni relative alla posizione di un veicolo posto sulla pubblica via, siamo assolutamente al di fuori della tutela penale, ed il pedinamento elettronico, mediante l’utilizzo del GPS, è perfettamente lecito. A cura di Roberto Gobbi
Prima o poi a tutti gli investigatori capita di dover difendere il proprio operato, per aver installato un GPS sotto un veicolo e di essere chiamato a rispondere alla polizia giudiziaria ed al Pubblico Ministero del reato di cui all’art. 615 bis c.p.. In diversi casi, addirittura capita di vedersi sequestrato il GPS e di dover ricorrere alle opportune difese, per vederne la restituzione.
È opportuno fare chiarezza e sgomberare il campo da eventuali dubbi: l’uso del GPS è assolutamente lecito. Vediamo in che misura.
Il Tribunale di Udine, in funzione di giudice per il riesame, con una recente ordinanza dell’11/2/2016 si è pronunciato in merito ad un sequestro operato dalla Polizia Giudiziaria su un GPS, annullando il provvedimento del Pubblico Ministero e disponendo la restituzione dello strumento al proprietario.
L’illuminate ordinanza ripercorre, facendole proprie, le conclusioni del sottoscritto che nell’occasione difendeva l’investigatore privato, ben evidenziando i punti salienti della questione.
Come sempre si deve partire dal dato normativo, analizzando alla lettera la norma che si presume sia stata violata: il 615 bis cp.p., appunto.
L’articolo in parola punisce chiunque:
– mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura notizie o immagini attinenti alla vita privata
– svolgentesi nei luoghi di privata dimora di cui all’art. 614 c.p.
Graficamente ho evidenziato i punti salienti sui quali concentrare l’attenzione: è il GPS strumento per la captazione visiva o sonora?
E’ il veicolo un “luogo di privata dimora” protetto dall’art. 614 c.p.?
Ebbene in entrambi i casi la risposta è negativa.
L’ordinanza oggi in commento condivide le mie conclusioni, ritenendo che lo strumento GPS installato non sia idoneo a determinare un simile tipo di captazioni, nonché che l’autovettura NON sia luogo protetto di privata dimora, aderendo alla ormai granitica posizione della Suprema Corte di Cassazione sul punto (cfr. Cass. Pen. n. 28251/09).
Mancando, pertanto, gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 615 bis, esso NON può dirsi integrato.
Ma vi è di più.
Alla luce della vigente normativa l’uso del GPS è perfettamente lecito ed è disciplinato dal DM 1 dicembre 2010, n. 269. Tale DM, all'art. 5 comma 2, prevede espressamente che “per lo svolgimento delle attività di cui ai punti da a.I) (attività di indagine in ambito privato), a.II) (attività di indagine in ambito aziendale), a.III) (attività d'indagine in ambito commerciale) e a.IV) (attività di indagine in ambito assicurativo), i soggetti autorizzati possono, tra l'altro, svolgere, anche a mezzo di propri collaboratori segnalati ai sensi dell'articolo 259 del Regolamento d'esecuzione TULPS: attività di osservazione statica e dinamica (c.d. pedinamento) anche a mezzo di strumenti elettronici, ripresa video/fotografica, sopralluogo, raccolta di informazioni estratte da documenti di libero accesso anche in pubblici registri, interviste a persone anche a mezzo di conversazioni telefoniche, raccolta di informazioni reperite direttamente presso i locali del committente”.
Restano, ovviamente, fermi tutti gli obblighi burocratici cui deve adempiere l’investigatore, necessari lo svolgimento di attività di indagine (compilazione registro degli affari, conferimento incarico e, non ultima, notifica al Garante della Privacy e così via).
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