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Sicurezza: quali sono i nuovi reati commessi su Internet?

Negli ultimi anni, molti reati commessi nel mondo reale si sono trasferiti su Internet, come il bullismo, lo stalking e il reato di diffamazione

Se fino a qualche tempo fa, alcuni reati venivano commessi solamente nella “vita fisica” delle persone, oggi, con Internet, vengono consumati anche nel web. Ottenendo gli stessi effetti, se non anche superiori in termini di violenza e danni perpetrati alla vittima. Negli ultimi anni infatti abbiamo assistito, complice l’utilizzo massivo della Rete e dei social media, a un incremento dei reati commessi online. In gran parte si tratta dei crimini commessi dagli hacker che sfruttando i canali digitali cercano di ottenere in modo fraudolento i dati degli utenti. Uno degli esempi più comuni in questo senso è il phishing, una tecnica molto utilizzata dai criminali informatici per entrare nel dispositivo della vittima e sottrarre informazioni private e sensibili.

L’aumento dei reati commessi in Rete non riguarda tuttavia solo quelli perpetrati dagli hacker. Atti persecutori, violenze verbali, minacce che prima venivano esercitate nel mondo reale, ora sfruttano la potenza del web. Un esempio in questo senso è il cyber bullismo, la versione online del bullismo, che tuttavia ha effetti ancora più devastanti. Se prima del web la vittima subiva prevaricazioni e umiliazioni solo a scuola o in altri ambienti fisici, oggi può essere soggiogata costantemente attraverso un pc o uno smartphone.

Analogo al cyber bullismo è il discorso dello stalking. Questo reato, riconosciuto dalla legge italiana soltanto nel 2009, ha assunto nuovi connotati virtuali negli ultimi anni. Oggi, il cyber stalking è considerato una forma aggravata del reato di stalking. Social media e app di messaggistica fungono da ponte per il malintenzionato per assillare e tormentare la propria vittima, in modo non meno invasivo rispetto alla forma tradizionale.

Infine, i social media sono diventati con il passare degli anni oggetto di sfogo, talvolta eccessivo, delle proprie posizioni ideologiche e delle proprie frustrazioni. Ciò che prima si diceva ad una piccola platea di ascoltatori, o semplicemente a una sola persona, ora lo si può dire a centinaia di utenti connessi su Facebook o su altre piattaforme social. La virtualità non implica tuttavia un’assenza di colpevolezza. E in alcuni casi, come ha confermato in diverse circostanze la Cassazione, un commento offensivo e denigratorio sui social può prefigurare il reato di diffamazione.

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