Come si sviluppano e quali sono le differenti forme di disagio psichico ed emotivo che coinvolgono i detenuti che stanno scontando una pena detentiva?
Una delle prime condizioni che influiscono e condizionano l’ingresso carcerario di un detenuto riguarda l’adattamento dello stesso al nuovo ambiente, sicuramente diverso dalla propria realtà. Il trauma da ingresso in carcere può diventare più forte quanto maggiore è il divario che sussiste fra il tenore di vita condotto in libertà e quello fruibile in ambiente detentivo.
È sicuramente necessario trovare un equilibrio che serva a gestire il tutto. Eterno conflitto tra bisogno di cura ed esigenza di sicurezza che un carcere deve comunque garantire. Diritti che faticano a manifestarsi a causa del sovraffollamento carcerario, sempre più evidente e non solo in Italia.
Le ricerche sul tema e la scoperta del disagio psichico
Nelle istituzioni carcerarie, così come riportato dalle tante analisi preposte ed effettuate dall’associazione Ristretti Orizzonti, le manifestazioni psicopatologiche sono frequenti. Possono identificare sia un disagio già presente al momento dell’ingresso del detenuto, oppure presentarsi in seguito, caricando il detenuto di forti fenomeni stressori, con una gestione delle reazioni depressive difficile da frenare
La lontananza dagli affetti e il comportamento da adottare nell’ambito del contesto carcerario, il più delle volte afflittivo e penalizzante, può di certo provocare uno scostamento o intorpidimento emotivo, seguito da una vera e propria sintomatologia caratterizzata da deliri, ossessioni e allucinazioni che possono sfociare in comportamenti pericolosi.
Nella prima fase della carcerazione possono manifestarsi severe ripercussioni con reazioni psicogene che tendono anche alle auto ed etero aggressioni e, proprio a tal proposito, possiamo soffermarci su due sintomatologie tipiche, ovvero la sindrome di prisonizzazione e la sindrome di Ganser.
La prima è di tipo deteriorativo ed è provocata dalle condizioni monotone e poco stimolanti della vita carceraria mentre la seconda è frequente nei detenuti in attesa di giudizio, che a volte pongono in essere atteggiamenti paranoici, isterici e nevrotici che potrebbero portare al cosiddetto atteggiamento di infermità mentale. Questa sintomatologia può essere ricondotta alle pseudodemenze.
La salute come diritto non sempre garantito
L’argomento è delicato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha più volte segnalato come la salute nelle carceri sia troppo spesso trascurata, sebbene sia un tema di assoluta priorità in quanto si coniuga con uno dei fondamentali diritti della persona. Un ragionamento che forse andrebbe riprogrammato, anche considerando la figura autorevole e importante del Garante .
La salute è un diritto previsto dalla nostra Costituzione. Un principio legislativo che in carcere può essere messo in discussione a causa delle condizioni delle case circondariali che a volte, per mancanza di personale e sovraffollamento carcerario, rendono difficile assicurare ed espletare anche il servizio sanitario più semplice.