La Corte Suprema ha rigettato il ricorso di un lavoratore, sorpreso da un investigatore privato a lavorare in malattia, e confermando il licenziamento per giusta causa da parte della sua ex azienda
Un altro dipendente sorpreso a lavorare per terzi mentre usufruiva dei giorni di malattia, mentre cresce il numero delle aziende che si rivolgono a un investigatore privato per scoprire eventuali infedeltà in ambito lavorativo. È il caso di Leonardo Lucetti, ex lavoratore della Cat s.p.a., società che gestisce il trasporto pubblico nella provincia di Massa-Carrara, licenziato nel novembre del 2004 per essere stato sorpreso a lavorare per un’altra azienda mentre era assente per malattia. L’uomo, che già aveva presentato ricorso perché demansionato dall’azienda a partire dal 2001, aveva impugnato la causa presso il Tribunale di Massa e la Corte d’Appello di Genova, contestando il licenziamento da parte del suo ex datore di lavoro. In entrambe le occasioni però i suoi tentativi furono respinti dai giudici.
Ad ulteriore conferma di quanto sostenuto nelle sentenze di 1° e 2° grado è arrivato il 10 ottobre scorso il parere della Corte di Cassazione che ha dato ragione alla società di trasporti apuana. In sua difesa, l’ex lavoratore della Cat aveva spiegato che le precedenti sentenze non avevano tenuto conto di quanto da lui segnalato, nello specifico che l’attività extralavorativa svolta era compatibile con lo stato di malattia, e che la malattia era frutto di uno stato depressivo derivante dal demansionamento in sede lavorativa, tanto che lo stesso medico curante gli aveva disposto di tenersi attivo durante il periodo di assenza. I giudici della Corte Suprema hanno ritenuto però “in parte inammissibili e in parte infondate” le motivazioni di Lucetti, rigettando altresì il ricorso e condannandolo al definitivo pagamento delle spese del giudizio.