Olindo Romano e Rosa Bazzi sono veri colpevoli della strage di Erba? Gli avvocati della difesa chiedono la riapertura del caso e parlano di “nuovi elementi” che confermerebbero l’innocenza dei due coniugi. Fissata per il 1° marzo l’udienza per la revisione del processo.
Strage di Erba: la difesa chiede la riapertura del caso
A diciassette anni di distanza dalla strage di Erba, Olindo Romano e Rosa Bazzi tornano a far parlare di sé e di una delle vicende di cronaca nera più efferate dell’ultimo ventennio. I coniugi Romano sono effettivamente i responsabili del massacro dell’11 dicembre del 2006? Secondo i legali della coppia ci sarebbero dei “nuovi elementi” che potrebbero mettere in discussione la loro colpevolezza e per questo hanno presentato ricorso.
Il 1° marzo 2024 i giudici della Corte d’Appello di Brescia si riuniranno per decidere sull’istanza di revisione presentata dalla difesa. Una svolta inaspettata, che potrebbe aprire nuovi scenari sul caso e scagionare quelli che, per ora, sono considerati gli unici responsabili della strage. E che, all’epoca, hanno spontaneamente confessato di aver commesso i delitti di Erba.
In queste settimane, dal carcere dove sono rinchiusi, Olindo e Rosa hanno inviato una lettera al direttore del Tg1, in cui affermano di essere delle vittime di “anni di false notizie” e che le confessioni gli furono estorte dalle forze dell’ordine.
Le prove contro Olindo e Rosa
I delitti, per cui i due coniugi stanno scontando l’ergastolo, avvennero la sera dell’11 dicembre 2006, nel comune di Erba, in provincia di Como. Stando alle confessioni rilasciate agli inquirenti, i Romano attesero l’arrivo della vicina di casa, Raffaella Castagna, con la quale avevano forti attriti e risentimenti. Dopodiché salirono nel suo appartamento e la uccisero brutalmente, insieme al figlio Youssef Marzouk e alla madre di lei Paola Galli. Vittima della strage fu anche Valeria Cherubini, vicina di casa della Castagna, che sopraggiunse a causa rumori, e Mario Frigerio, marito della Cherubini, che si salvò solamente per una malformazione congenita alla carotide. Per disseminare le tracce, l’abitazione fu data alle fiamme subito dopo.
Le prove che incriminarono Olindo Romano e Rosa Bazzi furono molteplici, a partire dalla testimonianza dell’unico sopravvissuto, Mario Frigerio, che in aula di tribunale indicò l’uomo come il resposabile degli omicidi. A questo si aggiungono le tracce del DNA di Valeria Cherubini trovate sul battitacco del conducente dell’auto dei Romano, le intercettazioni alla coppia, le confessioni spontanee, gli appunti sulla Bibbia di Olindo e le lettere al sacerdote in carcere.
I nuovi elementi e la pista della droga
I “nuovi elementi”, presentati dagli avvocati della difesa a sostegno della riapertura del caso, raccontano di alcuni aspetti che ai legali difensori sembrano piuttosto contorti e porterebbero ad alludere che la confessione dei Romano non sia stata così spontanea.
In prima istanza, questi elementi riguardano la testimonianza di Frigerio. Nella sua prima descrizione, avvenuta nel letto d’ospedale (ed emersa attraverso intercettazioni ambientali), l’unico superstite della strage parla dell’aggressore come di un uomo “dalla pelle olivastra”. Dettaglio che cozza con le caratteristiche fisiche di Olindo. E che, invece, andrebbe a braccetto con una nuova pista, quella del regolamento di conti per motivi di droga e soldi.
A supportare questa tesi c’è anche la testimonianza di Abdi Kais, amico di Azouz Marzouk, marito di Raffaella Castagna e papà di Youssef. Kais ha parlato di gravi litigi tra gang rivali, avvenuti prima della strage, culminati addirittura con l’accoltellamento del fratello di Azouz. L’uomo ha affermato, inoltre, che nell’abitazione della Castagna “giravano” soldi e venivano custoditi i proventi dello spaccio di droga. Seguendo questa pista, la strage assumerebbe i contorni di un regolamento di conti tra bande rivali, spiegandone anche le modalità e la ferocia.
Lo stesso Marzouk, di recente, ha rilasciato un’intervista in cui ritiene Olindo e Rosa innocenti, un’opinione maturata già nel 2019. Se la tesi della difesa fosse giusta, i colpevoli di questa tragica mattanza andrebbero cercati nel giro di droga e di affari in cui, per primo e per molti anni, era coinvolto proprio il tunisino.